Vangelo del Giorno – 22 marzo 2018 – don Luigi Maria Epicoco

Si può discutere con qualcuno, anche animatamente, ma c’è un limite varcato il quale non si può più discutere, bisogna reagire. Gesù nel vangelo di oggi varca questo limite. Sta discutendo con i Giudei riguardo a se stesso, al suo messaggio, alla sua missione, e finchè la discussione si mantiene sul teologico tutto procede in maniera animata ma fondamentalmente serena.

Credo che ai tempi di Gesù avvenissero spesso discussioni del genere: visioni teologiche discordanti che cercano di affermare ognuna la propria veridicità. Ma Gesù varca il confine. Egli non è un teologo sopraffine, è molto di più: Egli è Dio stesso. “In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono”. Come si può immaginare questa affermazione chiude il discorso e apre una reazione: “Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui”.

Eppure Gesù non può fare a meno di varcare quel confine. Ancora oggi attraverso questo vangelo tenta di dirci che il cristianesimo non è una teologia dove ci si ritrova tutti più o meno d’accordo. Il cristianesimo è Gesù stesso, perché Egli è Dio. Dire “Gesù è il Signore”, significa racchiudere tutto ciò che è la fede cristiana. Finchè non accetteremo che Gesù è il Figlio di Dio, continueremo a trattarlo da filosofo, da maestro zen, da dispensatore di ricette morali, da profeta, da esempio, e da tante altre cose umanamente bellissime. Ma Lui è innanzitutto Dio.

Dobbiamo però aspettarci che la reazione a un’affermazione simile riempia di pietre le mani di chi non riesce ad arrendersi a qualcosa di così grande. È insopportabile per i nostri ragionamenti poter accettare che c’è qualcosa di più grande di essi. Eppure aveva ragione il filosofo Pascal a dire: “L’ultimo passo della ragione è il riconoscere che vi sono un’infinità di cose che la sorpassano. Essa è proprio debole, se non giunge fino a conoscere questo”. Tutte le eresie sono nate per questa difficoltà: non potendo comprendere tutto, ogni tanto qualcuno ha assolutizzato una parte della verità facendola entrare nell’ovvio della testa ma non della realtà.

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