Piotr Zygulski – Commento al Vangelo del 9 Gennaio 2020

La scena di Gesù che cammina sulle acque, probabilmente elaborata dalla prima comunità cristiana, è quella che l’evangelista Marco propone per descrivere l’incomprensione verso la condivisione dei pani. Il cuore indurito – noi diremmo la testardaggine – è ciò che ti affatica quando remi controvento. Il cuore indurito è ciò che ti impedisce di vivere davvero la comunione, perché è frenato dalla paura di condividere quello che abbiamo ricevuto, quello che siamo, quello che Gesù mostrava come donare.

Il cuore indurito è ciò che ti fa persino scambiare l’amico per un nemico, le persone concrete per illusioni, l’aiuto per una trappola. Se non sappiamo spezzarci per l’altro per amore, pensiamo che per odio sia l’altro a volerci spezzare, distruggere, annientare. È il non voler mettere le cose in comune, l’egoismo, l’avidità a farcelo nemico.

Spesso le guerre esplodono per un’ingiusta distribuzione delle risorse: chi ha più degli altri teme di perdere ciò che possiede e reagisce a chi chiede di farne parte; alla fine si ammazzano l’un l’altro e pure le risorse vanno sprecate, oppure nel migliore dei casi rimane un clima teso, di reciproca ostilità. Gesù invece mostra che una vita di condivisione non teme la avversità e anzi una scelta controcorrente permette di camminare sopra le intemperie.

Nell’aprire generosamente le mani rendendo grazie si compie la giustizia di Dio; sorge la pace, il conflitto si placa. Insieme si ha molto di più di quanto non si avesse prima da soli; la concorrenza rende le risorse molto più scarse di quanto non siano. Anzi: nell’offrirsi c’è solamente abbondanza, non scarsità. Questo mostrava Gesù, desideroso di oltrepassare i discepoli, cioè vuole che lo seguano, che prendano esempio, che facciano altrettanto.

Mostra infatti che le diffidenze sono solo fantasmi, che è il donarci che ci sostiene e che l’amore che ci ha donato vince davvero la morte. I suoi discepoli, che non a caso Gesù aveva congedato fidandosi della loro libertà, avrebbero tutti gli strumenti per farlo, senza essere dipendenti dalla sua fisicità; ma per il momento lui si prende cura anche di quel loro cuore indurito. Non li abbandona, né li costringe a stare al suo passo, ma si ferma sulla barca.

Non basta che i problemi cessino, devono toccare terra: solamente lì, oltre la meraviglia, i discepoli riusciranno a riconoscere la presenza reale di Gesù. Eppure, anche nei momenti più burrascosi, lui c’era.

Commento a cura di:

Piotr ZygulskiPiotr Zygulski, nato a Genova nel 1993, dopo gli studi in Economia all’Università di Genova ha ottenuto la Laurea Magistrale in Filosofia ed Etica delle Relazioni all’Università di Perugia e in Ontologia Trinitaria all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI), dove attualmente è dottorando in studi teologici interreligiosi. Dirige la rivista di dibattito ecclesiale “Nipoti di Maritain” (sito).

Tra le pubblicazioni: Il Battesimo di Gesù. Un’immersione nella storicità dei Vangeli, Postfazione di Gérard Rossé, EDB 2019.


Videro Gesù camminare sul mare.
Dal Vangelo secondo Marco Mc 6, 45-52 [Dopo che i cinquemila uomini furono saziati], Gesù subito costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, a Betsàida, finché non avesse congedato la folla. Quando li ebbe congedati, andò sul monte a pregare. Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli, da solo, a terra. Vedendoli però affaticati nel remare, perché avevano il vento contrario, sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare, e voleva oltrepassarli. Essi, vedendolo camminare sul mare, pensarono: «È un fantasma!», e si misero a gridare, perché tutti lo avevano visto e ne erano rimasti sconvolti. Ma egli subito parlò loro e disse: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». E salì sulla barca con loro e il vento cessò. E dentro di sé erano fortemente meravigliati, perché non avevano compreso il fatto dei pani: il loro cuore era indurito. Parola del Signore

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