Piotr Zygulski – Commento al Vangelo del 6 Settembre 2020

Se qualcuno ti fraintende… assicurati prima di non averlo frainteso tu. Se ti fa male, diglielo direttamente a lui, non ad altri.

E cercate di capire insieme le meschinità presenti nel cuore. Probabilmente le hai pure tu: parlandone fraternamente aiutatevi a riconoscerle e a superarle.

Possiamo soffermarci ancora un giorno sul «sia per te come il pagano e il pubblicano» del vangelo di ieri. Paolo mi ha scritto: «Non tutti comprendono il senso del “pubblicano”, ma molti sacerdoti (e non) lo interpretano a proprio uso e consumo, soprattutto nell’accezione di una esclusione». Proviamo a comprendere meglio; soprattutto ricordiamo il contesto dell’evangelista Matteo, che parlava a comunità etnicamente ebraiche. Mi scuso se oggi sarò piuttosto tecnico.

Il punto è controverso, e ho scelto per motivi soprattutto pastorali di presentare l’interpretazione minoritaria, tuttavia sostenuta da alcuni studiosi. J. Galot dice ad esempio che non significa rompere ogni fraternità, da momento che Gesù fu particolarmente ben disposto verso pagani ed esattori delle tasse (prima si parla di Levi/Matteo). Favorevole con più cautela D.L. Turner, che parla di esclusione dalla comunità, ma non necessariamente di rottura totale anche da contatti personali (e qui cita D.E. Garland) anche perché Gesù trattava con compassione i pubblici peccatori. Sulla stessa linea W.D. Davies: «Non dovrebbe essere più visto come un membro della comunità ma come un esterno verso il quale la comunità dirige la propria missione, come Gesù fece». Sempre a favore di una lettura “compassionevole” c’è D.C. Sim, criticato da R.T. France, secondo il quale sarebbe poco coerente nella struttura del brano evangelico, in cui tale opzione sarebbe l’ultima spiaggia quando nulla diventa più possibile; meglio a suo dire leggerlo in senso tradizionalmente giudaico, per cui in tal caso si dovrebbe sospendere la normale fraternità, e vedere il riluttante come pubblicano (se ebreo, pur sempre meglio dei pagani, anche se al fondo della scala morale) o addirittura come pagano. Di questo parere C. Evans, per il quale un questo versetto emergerebbe la giudaicità di Matteo e pure J. Gnilka: «La formula è intesa in senso tutto giudaico (cfr. 5,46 s.; 6,7) e mostra che la comunità che pratica tale procedimento è vicina alla sinagoga. Gesù s’era aperto senza riserve ai pubblicani». Forse, più che evidenziare il contrasto tra Matteo e Gesù, sarebbe meglio comprendere l’evoluzione della consapevolezza cristiana dei decenni seguenti, ancora contraddittoria in parte, tra una pratica da Paolo in poi sempre più inclusiva verso i non ebrei – con riserve maggiori in Matteo, minori in altri autori del Nuovo Testamento – e l’uso di categorie di pensiero ancora esclusivista, comuni presso gli ebrei cui Matteo si rivolgeva. Anche per U. Luz pubblicani e pagani rappresentano «ancora» quelli a cui uno non dovrebbe associarsi. Pure il domenicano B.T. Viviano sostiene che significa «scomunicato, escluso dalla comunità, una misura da prendere solo per motivi gravi quando ne va di mezzo il bene della comunità. Gesù accoglieva i pubblicani, ma solo quando mostravano fede e si pentivano dei loro peccati». Infine D.A. Carson, per il quale sarebbe «debole» appellarsi ai brani matteani in cui Gesù trattò bene pagani e pubblicani: «L’argomento e i paralleli neotestamentari (Rm 16,17 o 2Ts 3,14) mostrano che Gesù aveva in mente la scomunica».

In conclusione, è innegabile che tutto ciò implichi una certa esclusione. Non però una maledizione, né tantomeno una condanna definitiva: può essere semplicemente il riscontro che quella persona liberamente ha scelto di lasciare la comunità. Un dato di fatto. In tal caso è inutile infierire contro quella persona. Poiché subito prima si parla di pecora smarrita e subito dopo di perdono infinito, occorre lasciare aperto sempre uno spiraglio. Almeno nel cuore, resti sempre il desiderio e la disponibilità alla riconciliazione, pronti a fare il primo passo avanti (o indietro) se permette di recuperare la fraternità con il fratello. Ma sempre rispettosi della sua libertà, persino di rifiutarci.


Commento a cura di:

Piotr Zygulski, nato a Genova nel 1993, dopo gli studi in Economia all’Università di Genova ha ottenuto la Laurea Magistrale in Filosofia ed Etica delle Relazioni all’Università di Perugia e in Ontologia Trinitaria all’Istituto Universitario Sophia di Loppiano (FI), dove attualmente è dottorando in studi teologici interreligiosi. Dirige la rivista di dibattito ecclesiale “Nipoti di Maritain” (sito).

Tra le pubblicazioni: Il Battesimo di Gesù. Un’immersione nella storicità dei Vangeli, Postfazione di Gérard Rossé, EDB 2019.

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