Paolo Curtaz – Commento al Vangelo del 27 Marzo 2020 – Gv 7, 1-2. 10. 25-30.

L’intero vangelo di Giovanni è un processo contro Gesù. Il finto processo tenutosi dopo l’arresto sarà solo una ratifica in contumacia di una decisione già presa. Gesù deve morire perché estremamente pericoloso; si proclama Messia, mette in discussione l’interpretazione della Legge, evidenzia le contraddizioni della rinata classe sacerdotale, irride alla presunta santità dei farisei.

Quanto basta per renderselo antipatico e, ciò che più teme la classe dirigente, per creare un movimento che potrebbe infastidire i romani, facendo perdere l’autonomia riconquistata dai sadducei. Insomma: Gesù è diventato un problema per l’ordine pubblico. Poco importa se ciò che dice sia vero, o se davvero egli sia ciò che pretende di essere.

Ci sono valori superiori alla verità, in certi ambienti. Gesù è costretto a tornare in Galilea, ma l’ardore per la sua missione gli fa correre dei rischi e torna a Gerusalemme per la festa della capanne, cercando di non farsi notare. Può una fiamma accesa restare nascosta sotto lo sgabello?

No, certo, e Gesù torna a predicare nel tempio, mettendosi ancora di più nei guai. Come fanno, ancora oggi, centinaia di cristiani costretti a nascondersi per non essere perseguitati.

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