Paolo Curtaz – Commento al Vangelo del 15 Giugno 2019 – Mt 5, 33-37

Il terzo tema che Gesù affronta durante il durissimo discorso della montagna riguarda l’autenticità e la verità. Il giuramento era una pratica piuttosto diffusa e serviva a garantire l’onestà di un patto e della persona che lo assumeva.

Gesù va oltre, esagera, vola altissimo: non è certo giurando su Dio o sul tempio o sul tesoro del tempio che si garantisce l’onestà dell’affermazione. Allora taglia corto: meglio non giurare.

Non abbiamo potere su nulla, nemmeno su noi stessi, sul nostro destino. Non possiamo cambiare nemmeno una virgola di ciò che diciamo e facciamo, siamo fragili e limitati. Allora perché giurare? Meglio essere sinceri, sempre, essere trasparenti.

Ma per esserlo dobbiamo anzitutto imparare ad esserlo con noi stessi, confrontandoci con lo specchio della Parola. Solo in Dio scopriamo chi siamo, a cosa siamo destinati.

Solo in Dio possiamo non avere paura, accogliere le nostre ombre, lasciarle illuminare dallo Spirito, chiamare per nome e cognome i nostri peccati senza che, per questo, ci assalga lo scoramento. In Dio impariamo ad essere davvero noi stessi, senza finzioni.

Fonte

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Io vi dico: non giurate affatto.

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 5, 33-37


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: “Sì, sì”, “No, no”; il di più viene dal Maligno».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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