p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 6 Marzo 2019

Sembra che l’unica preoccupazione nell’iniziare il cammino quaresimale, debba essere quella del digiuno, del magro e della penitenza. Mi pare importante che questa preoccupazione, forse l’unica rimasta nella nostra mente, sia ben compresa.

L’inno dell’inizio della preghiera della quaresima inizia dicendo “protesi alla gioia pasquale”. Ciò che viviamo nel tempo quaresimale non ha nulla a che vedere con l’avere gli occhi bassi o essere tristi, tutto quanto viviamo va vissuto con il cuore che batte nella gioia pasquale. Quella è la meta del nostro cammino.

Un secondo suggerimento lo prendiamo dalla ripetitività con cui il vangelo di oggi ci parla dell’ipocrisia. Tutto quello che fate non fatelo come gli ipocriti. Il primo digiuno, la prima preghiera, la vera elemosina è vivere non in ipocrisia ma in verità. Non essere ipocriti significa non dire a squarciagola tutto quello che ci passa in testa, come tante volte noi pensiamo. Io dico tutto, come un bambino, perché sono sincero. Niente di più falso: tu dici tutto perché nella tua infantilità non sai essere sincero con te stesso e vero e non riesci a tenere nulla: l’altro è una cloaca su cui riversare tutto quanto ti passa per la testa e per la pancia. Il non avere barriere psicologiche non lo possiamo confondere con il non essere ipocriti: il confine è piccolo, ma c’è differenza.

Non vivere in ipocrisia significa rendere vero quanto facciamo. La direzione è la gioia pasquale, lo abbiamo già detto. Ma tutto quello che facciamo non può essere fine a se stesso ma deve essere vissuto in un orizzonte più vero.

Pensiamo a cosa potrebbe essere il digiuno, al di là di quello a cui lo abbiamo ridotto. Ci dice il profeta Isaia (58, 1-12): “Non digiunate più come fate oggi. È forse questo il digiuno che bramo, il giorno in cui l’uomo si mortifica?”. Digiunare, continua il profeta, non è piegare il capo come un giunco, non è usare sacco e cenere per letto. Il digiuno che voglio, dice Dio grazie alla voce del profeta è “sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi, spezzare ogni giogo”. Ancora “non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire chi è nudo?”.

Il digiuno è vero se “toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se offrirai il pane all’affamato, se sazierai chi è digiuno” allora la luce brillerà di luce vera.

Così la preghiera non sarà nulla per far vedere che preghiamo e non avrà come base l’ipocrisia. La preghiera diverrà un parlare bene a Dio del prossimo per potere vivere bene per il prossimo il nostro digiuno. Così l’elemosina non sarà tale ma sarà un cuore che ama e che tende una mano a chi è nel bisogno, non perché debbo fare chissà che per guadagnarmi chissà che cosa. Sarà bello così perchè così posso digiunare dalle mie ingiustizie che sempre accompagnano le nostre giornate.

Un digiuno siffatto, pieno di verità e di giustizia, non può che esprimersi in una carità di amore che diventa preghiera perché relazione vera con noi stessi e, di conseguenza, con Dio e il prossimo. Un digiuno così vissuto farà risuonare in noi il vangelo di Matteo che ci dice che “avevo fame e mi avete dato da mangiare; ero nudo e mi avete vestito; ero carcerato e siete venuti a visitarmi; ero assetato e mi avete dato da bere; ero straniero e mi avete accolto” (25, 31-46).

Se il nostro cuore sarà vita di gioia perché proteso alla gioia pasquale. Se la nostra gestualità e le nostre azioni saranno protese a questo. Allora il vero digiuno diverrà un inno di gioia. Il cammino quaresimale la cosa più bella da potere vivere. I quaranta giorni diverranno vita, diverranno 40 anni, diverranno la vita intera. È un modo di essere e di vivere che dà gioia mentre camminiamo perché la condivisione di vita con i nostri fratelli e col Padre è il dono più bello che ci possa capitare.

Così la penitenza e il digiuno non avranno nulla a che vedere con l’ipocrisia. Così la smetteremo di volere comprare Dio con la nostra preghiera. Così la carità che è giustizia e condivisione, sarà la cosa più bella che potremo vivere in comunione con i nostri fratelli. Questo è il digiuno che voglio, dice il Signore!

Commento a cura di p. Giovanni Nicoli.

Fonte – Scuola Apostolica Sacro Cuore

Vangelo del giorno:

Mt 6, 1-6. 16-18
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli.
Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipòcriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando pregate, non siate simili agli ipòcriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.
E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipòcriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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