p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 4 Ottobre 2020

La provocazione è una: vince il male con il bene spegnendo in noi la nostra potenza di amore!!! L’attenzione alla nostra fragilità è cogliere come Cristo “la pietra che i costruttori scartarono è diventata testata d’angolo! Il potere di Cristo è uno: la pietra scartata diventa testata d’angolo, Lui Figlio crocifisso e risorto. La croce, stoltezza e debolezza per i sapienti e i potenti, per noi, è sapienza e potenza di Dio che salva l’uomo distruggendo i suoi deliri di morte.

Ciò per cui è scartato Gesù, è il potere stesso di Dio che alla fine sarà riconosciuto proprio da chi lo crocifigge. Il potere del cielo, al Figlio viene conferito in terra da coloro che rifiutano il Figlio. Coloro che rifiutano il Figlio sono i signori del tempio e del popolo, loro che non conoscono il Signore. Questi scatenano contro di Lui la loro violenza di morte, che per loro è l’unica via per salvaguardare quello che hanno (potere e denaro) contro quello che sono (chiamati alla bellezza buona). Gesù si fa Salvatore assorbendo in sé il male senza restituirlo: così rivela chi Dio è e chi è l’uomo a immagine di Dio.

Questo è il mistero per Dio, che sta all’origine del mondo: l’amore del Padre verso i figli nel Figlio per il quale tutto esiste. La nostra risposta di ignoranza consiste nel strutturare il nostro egoismo che ha un solo esito: uccidere noi come figli e l’essere fratelli.

Questo è quello che fa vivendo anche chi si oppone a Lui come uno che esegue il suo disegno. Lui è Signore che rispetta la nostra libertà divenendo fratello caricando su di sé la nostra violenza restituendoci nel suo amore la nostra verità di figli. Così anche opporsi a Lui porta ad eseguire il suo disegno. Dio vince il male portandolo su di sé facendo sì che il nostro misfatto diventi luogo di opera di salvezza.

La vita è un intreccio continuo tra la nostra infedeltà e la sua fedeltà; tra il suo venirci incontro e il nostro rifiuto. Ne consegue il braccio di ferro fra il potere dell’uomo, violentemente distruttivo e autodistruttivo, e quello di Dio che è amore più forte della morte. Così nella morte del Figlio si compie la nostra perversità e la sua bontà. Il nostro male toglie vita all’autore della vita: Dio continua a donare la sua vita a noi che gliela rubiamo. Così, a faccia nostra, uccidendo il Figlio otteniamo la sua eredità ottenendo in mano il frutto che ci fa come Dio, figli di Dio. Il Figlio fatto oggetto di prepotenza perché mite, erediterà la nostra nudità così che noi otteniamo la sua veste di Figlio. Così la cura di Dio per noi sua vigna è manifestazione di amore nei fatti perché anche noi sentiamo la sua chiamata ad essere come Lui, portando i suoi stessi frutti.

I gesti di Dio si moltiplicano nella sua bontà mentre noi cresciamo nella cattiveria. Non ci molla continua ad amarci e a riempirci di amore. Noi rispondiamo alle sue premure con una monotona reazione. Non c’è via di uscita. All’ostinazione del suo amore noi corrispondiamo con un muro di rifiuto sempre più spesso, perchè prima di diventare omicidi dei servi e del figlio del padrone abbiamo già ammazzato la gioia della vita. Noi rischiamo di non vedere la passione con cui Dio ha lavorato un pezzo di terra; tutta la cura che ha messo per la sua vigna che siamo ciascuno di noi, dando vita, la sua vita per quei tralci. Non riconoscerlo in questo ci fa vivere da schiavi, preoccupati solo dell’eredità per risarcire una vita fatta di risentimenti che sfocia in violenza che ci umilia e ci disumanizza.

Alla fine il Padre ci manda il Figlio davanti al quale emerge la verità di quello che crediamo: uccidere Lui per rapirne l’eredità. È vero che il delitto è degno della più severa condanna per noi che ci reputiamo innocenti. Per il Signore, invece, il rifiuto dei capi è inizio di un nuovo popolo dove la Pietra Scartata è testata d’angolo del nuovo tempio. I capi del popolo possono finalmente capire che Lui parla di loro con la conseguenza a darsi da fare per agire come Gesù aveva detto.

È vero che la storia è rivelazione. In essa la violenza toglie sempre più la maschera del suo potere che è mortifero. Per questo oggi scriviamo un “elogio alla mitezza” o “alla solidarietà”. Ma ciò che è centrale, anche in tutto ciò, è non negare l’umanità dell’uomo e la realtà di Dio per noi.

Così Gesù, tramite la sua croce, svela la nostra distruttività violenta con la forza del suo amore. È opera di Dio che nella nostra miseria faccia uscire sempre e comunque la sua misericordia.

Noi siamo chiamati, quali vignaioli viventi di violenza, a riconoscere il nostro no di fronte al sì eterno di Cristo. Noi, accettando il dono di Gesù, porteremo frutto accettando il dono che il Messia crocifisso continua a donarci. Consci del fatto che noi del bene che Lui ci dà facciamo del male, mentre Lui del male che noi gli diamo ne fa un bene.


AUTORE: p. Giovanni Nicoli 
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