p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 29 Ottobre 2020

“Parti, vattene via di qui”, dicono i farisei a Gesù. Arriverà il tempo in cui direte: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”, dice Gesù ai farisei.

Gesù sta camminando, i farisei gli consigliano di mettersi in cammino. Gesù sta camminando con uno spirito di ascolto e di obbedienza, con uno spirito da pellegrino. I farisei  gli consigliano di mettersi in cammino andandosene, fuggendo da quella volpe di Erode. Quanto i farisei consigliano a Gesù, Gesù lo sta già facendo ma non per fuggire, quanto invece per vivere una fedeltà a se stesso e alla sua chiamata, alla volontà del Padre.

I farisei, come Erode, come noi, pensano di essere saggi nel consigliare a Gesù di stare lontano da noi e di allontanarsi da noi. Lui il Dio con noi è consigliato di tornarsene a casa sua, nei cieli. Ci crediamo saggi, ci crediamo potenti, ci sentiamo dei leoni, mentre invece siamo solo delle volpi che vivono di latrocinio nascondendosi poi nelle proprie tane.

Gesù è la Sapienza che è donata a noi oggi, è la Sapienza che era presente fin dall’origine del mondo, è la sapienza che ci dona un certo modo di vivere che non ci è abituale ma che è provocatorio nei confronti di un nostro modo di esistere particolare.

Dice il libro della Sapienza (capitolo 7):

“22In lei (nella Sapienza) c’è uno spirito intelligente, santo,

unico, molteplice, sottile,

agile, penetrante, senza macchia,

schietto, inoffensivo, amante del bene, pronto,

23libero, benefico, amico dell’uomo,

stabile, sicuro, tranquillo,

che può tutto e tutto controlla,

che penetra attraverso tutti gli spiriti

intelligenti, puri, anche i più sottili.

24La sapienza è più veloce di qualsiasi movimento,

per la sua purezza si diffonde e penetra in ogni cosa.

25È effluvio della potenza di Dio,

emanazione genuina della gloria dell’Onnipotente;

per questo nulla di contaminato penetra in essa.

26È riflesso della luce perenne,

uno specchio senza macchia dell’attività di Dio

e immagine della sua bontà.

27Sebbene unica, può tutto;

pur rimanendo in se stessa, tutto rinnova

e attraverso i secoli, passando nelle anime sante,

prepara amici di Dio e profeti.

28Dio infatti non ama se non chi vive con la sapienza.

29Ella in realtà è più radiosa del sole e supera ogni costellazione,

paragonata alla luce risulta più luminosa;

30a questa, infatti, succede la notte,

ma la malvagità non prevale sulla sapienza.”

È la Sapienza in noi, il Dio con noi, Lei che si incarna in noi, che ci cambia da dentro. Non dobbiamo dimostrare nulla, dobbiamo semplicemente accogliere il dono di Dio in noi. Non dobbiamo compiere le opere della Sapienza per dimostrare di averla in noi, siamo chiamati solo ad accoglierla. Sarà Lei che in noi compirà le sue opere. Il nostro protagonismo ci porta più a dire alla Sapienza: parti e vattene da qui. Lasciando a Lei l’iniziativa invece sarà possibile che la nostra vita canti il “Benedetto Colui che viene nel nome del Signore”.

Benedetto è la conclusione del salmo dell’Hallel (118). In questo salmo si parla della grande opera del Signore che è pietra scartata dai costruttori che è divenuta pietra angolare. Benedire Colui che viene come pietra scartata, ci dona la gioia di vederlo, di riconoscerlo, di sentire il coro degli angeli che canta: Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama!

La salvezza infatti è già venuta in Gesù e non c’è da aspettare che un altro venga. Il Regno è già presente come seme e come lievito, come gallina preda della volpe. Ciò a cui siamo chiamati è semplicemente riconoscerlo, convertirsi a Lui incarnazione della Sapienza del Padre e accoglierlo come umanizzazione del nostro mondo.


AUTORE: p. Giovanni Nicoli 
FONTE
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