Gesù scende dal monte come Mosè. Mosè portava una legge da osservare, Gesù è Parola compiuta. Quanto Gesù ha detto sul monte nei capitoli precedenti, ora egli lo compie. Gesù infatti fa quello che dice. Anzi quanto dice è già all’opera è già fatto. Il dono della Parola accolto e ascoltato è fonte di prodigi, perché la Parola fa nuove tutte le cose portando a compimento la creazione con il dono della risurrezione.
I miracoli narrati d’ora in avanti dicono solo un miracolo: quello di farci figli. Quanto Gesù ha detto non è legge ma Vangelo. Se la legge denuncia e condanna il peccato o addirittura fa venire la lebbra, come a Maria invidiosa del fratello Mosè, la Parola Gesù è un fiume di acqua viva. La Parola Gesù guarisce dalla lebbra, dal peccato denunciato condannato dalla legge. La legge allontana il lebbroso, il vangelo lo accoglie e lo guarisce, lo tocca!
La chiamata è ad immergerci nel fiume di acqua viva che sgorga dal Cristo e dal suo costato trafitto. Così ne veniamo purificati, così siamo liberati dalla nostra lebbra. Mondati dalla nostra lebbra, dal peccato e dalla morte, con la carne fresca rinnovata e rinata, come la carne fresca di un bambino.
Gesù con la parola appena detta sul monte rigenera a vita nuova e ci invia sulle strade del mondo. Il miracolo del lebbroso mondato è segno di una vita nuova del Figlio che ha vinto la morte. Non siamo stolti fermandoci al miracolo, al segno, non vedendo oltre: smettiamo di guardare il dito che indica la luna non osservando la luna.
La nostra lebbra è il nostro allontanarci da Dio. La guarigione è riavvicinamento di Dio a noi. Lui non si allontana, non si scosta, si avvicina e ci tocca e toccandoci ci guarisce, ci salva, ci fa risorgere, ci conduce a vita nuova.
Il nostro inseguire idoli diventando come loro, li abbiamo fatti a nostra immagine e somiglianza. Per questo la nostra vita è diventata vuota perché gli idoli non guardano, non odono, non palpano, non odorano, non adorano: siamo segnati dalla morte della lebbra e le nostre membra non servono più ad annunciare la Buona Notizia ma a diffondere la lebbra. Moltiplichiamo le nostre presenze ma in tal modo non facciamo altro che moltiplicare la nostra stupidità , la nostra lebbra. Andiamo agli altri ma per renderli come noi. Non portiamo la Parola, portiamo la nostra lebbra e infettiamo di idolatria le nostre comunità e chiese.
Ciò che è peggio è che noi consideriamo tutto ciò come normale, come qualcosa che va bene così o meglio come qualcosa del quale non si può fare a meno, non è possibile fare diversamente. Diventiamo ottusi alla grazia, alla vita di Dio nostro Padre.
I miracoli ci presentano quell’impossibile a cui da sempre noi aspiriamo dal profondo del nostro essere.
Il racconto del lebbroso mondato ci fa da specchio ed evidenzia, porta a galla, libera in noi il nostro desiderio di verità e di libertà . In altre parole ci mostra che il bene, per cui siamo fatti, è possibile, è reale, è donato a noi grazie a Gesù Parola Figlio del Dio vivente, è rigenerante la nostra esistenza.
AUTORE: p. Giovanni NicoliÂ
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