p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 24 Ottobre 2020

Cosa saggia piantare un fico nella vigna. Il fico che è quasi indistruttibile come pianta e che porta frutti dolci e buoni, è pianta buona.

Il fico è l’albero della terra promessa e simboleggia la Legge. Ma il fico è anche l’albero della sapienza che supera le apparenze umane.

Il fico è l’albero simbolo della chiamata alla conversione.

La prima conversione è quella di non dare per scontato nulla, tantomeno la nostra amicizia con Dio. Quel Dio che ha fame dell’amicizia con l’uomo, che ha fame dell’amore dell’uomo perché lo ama di amore infinito. L’unica attesa di Dio è la risposta dell’uomo al suo amore. La sua attesa è infinita, non finisce mai. È un’attesa condita di pazienza, di attesa senza limiti. È un’attesa che ama sempre e comunque, non smette mai di sperare non stando alla finestra a guardare, ma scendendo in strada con la potenza del suo amore.

Il fico è richiamo per ogni uomo a convertirsi portando frutto. Ma il frutto che è sperato è il frutto di una conversione particolare. È la conversione dall’amore del proprio io all’amore del Padre.

Ancor più: è la conversione dal nostro amore limitato all’amore di Dio. Meglio ancora: è la conversione dalla sapienza umana del buon senso e dell’avere i cosiddetti piedi per terra, alla sapienza della croce, del dono di sé, di tutto sé come rivoluzione per il nostro modo scentrato di vivere, perché autocentrato.

La promessa di cui Israele, vigna nella quale viene piantato un fico, era depositario è la terra promessa nella Legge. La promessa di cui il fico del Regno di Dio è depositario è la sapienza della croce, del Figlio incarnato morto e risorto per noi.

Non possiamo essere improduttivi secondo la sapienza di Dio che è stoltezza per gli uomini.

I frutti di tale conversione sono la dolcezza del Padre e dei fratelli, che sono il compimento della Legge.

Se con il Messia ci si aspettava la venuta di Dio per il rendez vous finale, con Gesù questa attesa viene delusa. Gesù infatti non viene a fare i conti con gli uomini per conto di Dio, Gesù viene mandato dal Padre perché nessuno si perda di quanti gli ha dato.

Gesù viene ad aprire l’anno di grazia. In Lui inizia il tempo del Padre, il Misericordioso. Il Padre eserciterà la sua misericordia in modo diretto e definitivo: Lui è l’anno santo in mezzo a noi, l’anno di conversione, quell’anno santo che gli uomini non fanno perché tutti presi da ben altro.

Secondo la sapienza umana il Padre e con Lui il Figlio, è un Padre sfortunato. Nonostante le sue premure non riesce mai ad ottenere che il figlio cresca bene.

Solo l’albero di fico che si identifica nell’albero della croce sarà la sentenza definitiva contro il male.

La croce è il rifiuto del male di rispondere al male col male. Lì è il maledetto che pende dalla croce che diventa benedizione per il mondo intero, grazie al dono di sé che diventa seme che muore per donarci il germoglio della vita nella risurrezione.

Su questa croce noi siamo chiamati a salire in barba alla sapienza umana che porta solo frutti di divisione e di guerra.

Su questa croce siamo chiamati a morire alla sapienza antica per risorgere alla sapienza di Dio che non risponde al male col male ma col bene.


AUTORE: p. Giovanni Nicoli 
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