p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 23 Aprile 2019 – Gv 20, 11-18

Maria di buon mattino si era recata al sepolcro e l’aveva trovato vuoto. Era corsa ad annunciare a Pietro quanto aveva trovato. Pietro e Giovanni corrono al sepolcro, lo trovano come aveva detto Maria. Giovanni credette. Sia lui che Pietro ritornano a casa. Maria ricompare al sepolcro e se ne sta davanti alla tomba vuota piangendo. Da Lui lei era stata liberata da tutto, dalla malattia come dalla costrizione di una realtà patriarcale. Lei era stata liberata e ora le manca il liberatore, almeno il suo corpo.  Piange l’assenza del suo Signore, di Colui che l’aveva riportata alla vita al di là di ogni convenienza sociale. Gesù Luce del mondo aveva indicato a lei, come ad altre, la via per uscire di casa non tanto per assaporare la non maternità, quanto invece per cogliere la bellezza dell’aria pura del mattino che ti schiaffeggia il viso in mezzo ai campi che rinascono grazie alla risurrezione primaverile.

L’assenza, dopo la cattura e l’uccisione di Gesù, sembra essere la grande esperienza di Maria, lei si concede il pianto, lei non sa staccarsi dal sepolcro. Pietro e Giovanni dopo avere visto se ne sono tornati via, sembra che lei neppure l’abbiano vista, ma lei è lì e continua a cercare. Lei si ricorda la scena da terrore sotto la croce, lei ricorda, non può dimenticare, fa memoria e il memoriale diviene nuova esperienza di vita impregnata di resurrezione. L’assenza le parla di una libertà perduta che viene di nuovo invasa dalle convenienze sociali.

Maria sperimenta l’assenza che sembra essere un requisito essenziale per comprendere la Pasqua. La Pasqua non è nulla di magico, la Pasqua è elemento vitale che penetra i gangli della vita. L’assenza ci dice che la risurrezione non è semplice opera consolatoria che scavalca la storia. La Pasqua è fattore storico per eccellenza, non è cosa da giocarsi dentro oasi spirituali o beauty farms dell’anima.

Maria Maddalena non si rassegna all’evidenza della morte. Cerca. L’assenza la spinge a cercare perché è movimento di un desiderio di vita più grande. Lei cerca con tenacia chi ha ridato vita e senso alla sua vita. Cerca il suo tesoro perduto. Non gli interessa la consolazione degli angeli e neppure quella del giardiniere: vuole sentire il suo nome chiamato da Lui! Non si accontenta del sepolcro vuoto come simbolo della risurrezione: lei cerca il corpo dell’amato.

Lei cerca e, ad un certo punto, si accorge che viene cercata. Si sente chiamare per nome. Si volta e vede il Signore. Lei che aveva conosciuto il Signore in un’esperienza felice di libertà, nell’assenza dove sembra che questa libertà sia stata uccisa, impara la fede. Non cerca consolazione, non cerca di ritornare al passato, il suo pianto sembra quasi che non cerchi neppure consolazione. Impara che l’assenza parla e ci conduce per mano a quella fede che destabilizza le nostre sicurezze, ci spinge di nuovo a risorgere a vita nuova vivendo le nostre precarietà e le nostre perdite, come occasione per una vita di nuovo significativa.

In questo itinerario di fede dove la risurrezione diviene centrale non come fuga ma come modo nuovo per vivere la vita con le gioie e i dolori di ogni giorno. In questa esperienza Maria che ha ritrovato il suo Signore, vorrebbe afferrarlo, vorrebbe trattenerlo, vorrebbe sperimentarlo di nuovo come suo. Ma non può! L’incontro che diviene memoriale che fa rinascere a vita nuova, ci spinge oltre. È nuova liberazione: il Signore non è più vissuto come mio ma come nostro. Maria diviene il primo vescovo e il primo cardinale, riceve la sua missione, senza cerimonie particolari è consacrata apostola da parte del Risorto: “Va’ dai miei fratelli e dì loro …: ho visto il Signore” e mi ha detto l’indicibile e l’indescrivibile.

La Maddalena, quella dei sette demoni, quella che non si sa che vita facesse, diviene apostola chiamata ad annunciare ai discepoli quello che ha visto e udito. La resurrezione non è cosa da poco e non è cosa marginale; non è neppure cosa semplicemente spirituale e roba dell’al di là, la risurrezione è cosa storica e quotidiana. Lei, prima apostola della chiesa, lei peccatrice penitente, lei liberata dai sette demoni, lei è il simbolo della chiesa a cui viene rivolto l’annuncio. Lei vede il Risorto e sente che la chiama per nome. Esperienza centrale e travolgente: l’Assente è Risorto e chiama ciascuno per nome. Che l’assenza possa diventare mezzo e via per ritrovare la via della vita che è rinascita e risurrezione oggi, dopo e durante ogni morte.

Commento a cura di p. Giovanni Nicoli.

Fonte – Scuola Apostolica Sacro Cuore

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