p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 22 Aprile 2019 – Mt 28, 8-15

C’è da rimanere a bocca aperta e non sapere che fare e che dire. Di fronte alla risurrezione, spesso così lontana dalla nostra esperienza umana, che fare e che dire? Che cosa si può dire, riguardo alla resurrezione, quando ci troviamo di fronte a centinaia di morti uccisi da bombe assassine il giorno di Pasqua in Sri Lanka? Come si fa a parlare di resurrezione mentre parliamo o pensiamo alle migliaia di morti nel grembo del Mediterraneo, sia esso mare ma anche terra che si affaccia su di esso? Che cosa possiamo dire riguardo alla risurrezione di fronte a tanta violenza? Come si fa a parlare di essa quando una madre non regge la sua maternità e strangola il proprio bimbo? Come si può parlare di risurrezione quando un padre, che non ha autorevolezza, cerca autorità schiaffeggiando la propria bimba piccola?

Troppo spesso ci troviamo di fronte alla pietra del sepolcro. Pietra ben sigillata, sepolcro ben chiuso. Eppure noi ci sentiamo più sicuri di fronte a tali morti e a questa morte, che non di fronte alla vita e alla risurrezione. È più famigliare per noi parlare di morte e violenza, piuttosto che di vita e di resurrezione. Se vogliamo che i nostri giornali vendano, abbiamo bisogno di notizie e più tali notizie sono violente e parlano di morte, più noi vendiamo e abbia ascolti che vanno alle stelle e che fanno aumentare il costo della nostra pubblicità. I morti vengono uccisi una seconda volta dal peso dei nostri guadagni, grazie a loro. Non sono solo le pompe funebri che fanno guadagno, ma molta più gente.

Pensiamo anche alla nostra fede: quanta importanza ha assunto nella storia la nostra quaresima e quanto poca la nostra Pasqua. È più facile che noi riconosciamo di non avere vissuto bene la quaresima, magari con rinunce mancate, piuttosto che confessarci che la Pasqua è cosa non vissuta e non creduta. Sembra che per noi cristiani la Pasqua sia il termine di tutto anziché l’inizio di tutto, di una vita nuova. Quasi non sappiamo che farcene della Pasqua e dei 50 giorni del tempo pasquale. Non sappiamo vivere la gioia della nostra speranza, siamo più sicuri nel vivere la depressione e lo sconforto delle cose che non vanno e della certezza della morte.

Eppure il centro della nostra vita è la Vita del Risorto. Vana è la nostra fede, se non crediamo che Gesù è risorto. Ma come si fa a parlare di resurrezione in questo mondo? Non ci rimane che fermarci di fronte ad un sepolcro vuoto e contemplare. Eppure ai sepolcri dei nostri cari noi siamo affezionati.

L’angelo dice alle donne che sono andate al sepolcro: è risorto dai morti! Gesù, mentre quelle donne stanno correndo, con timore e gioia grande, ad annunciare ai discepoli che Lui è risorto, va loro incontro e dice loro: rallegratevi! Le donne che credono all’annuncio dell’angelo e partono per condividere quello che hanno ascoltato, diventano capaci di vederlo. Accogliere l’annuncio e dirlo ai fratelli è via di resurrezione per noi prima che per i fratelli. Continuiamo a parlare del Crocifisso, è tempo di vivere il Risorto!!! La Parola definitiva di Dio non è il Crocifisso ma il Risorto. Il Gesù crocifisso non è qui, dicono gli angeli alle donne, di fronte alla pietra ribaltata. Il Crocifisso è rinato dall’alto, è Risorto, non è qui. Smettetela, dicono a noi, di cercare fra i morti Colui che è vivo. È vivo per noi, è vivo come fratello che ci chiama alla vita, alla risurrezione, oggi prima ancora che domani.

Vivere la vita da risorti, oggi, non è cosa da poco. È cosa rivoluzionaria che ci abilita ad incontrare la vita, in qualsiasi forma si presenti, con gioia. Così la vita la abbracciamo e la adoriamo, la baciamo. Così diventiamo, da risorti, capaci di fraternità. È cosa bella la risurrezione, ed è cosa di fede condividerla coi fratelli. La volontà del Padre è questa, non è la quaresima e i sacrifici e le rinunce. A quella già ci pensa la vita, a questa gioia ci pensa il Padre e ci debbono pensare i cristiani divenendo vita e gioia per i fratelli. È andando verso gli altri che incontriamo l’Altro risorto. Amando loro viviamo lo Spirito del Risorto e entriamo nel cuore del Padre.

Tutto il vangelo, risurrezione compresa, è missione verso i fratelli. In essa realizziamo la nostra chiamata di figli. A noi la scelta: essere gente che parla di corpo trafugato per avere ricompensa dalla fatuità della vita, oppure essere gente che parla della pietra rotolata via. Essere come i soldati vittime e diffusori di menzogna, anche se ben pagati, oppure essere donne che con gioia grande annunciano: il Signore Gesù è Risorto.

Commento a cura di p. Giovanni Nicoli.

Fonte – Scuola Apostolica Sacro Cuore

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