p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 21 Maggio 2019 – Gv 14, 27-31a

A volte sembra che giochiamo alla vita con una margherita in mano ripetendoci all’infinito “m’ama, non m’ama”, mentre de-petalizziamo la margherita stessa. È facile cogliere lo stesso movimento nel vangelo di oggi. Gesù ci ama, ma se ne va; noi lo amiamo ma poi siamo tristi anziché gioire che Lui se ne vada.

Uno dei primi effetti che noi viviamo, di questa bella margherita che riduciamo a margheritume, è quello di perdere la pace. Noi ricerchiamo la pace, ma la ricerchiamo come la dà il mondo. Gesù ci dona la sua pace che non è come quella che dà il mondo, ma è pace vivente di un realismo che sfiora l’impossibile.

In questa situazione più o meno reale noi viviamo da de-moralizzati. La demoralizzazione è l’effetto finale di un modo di vivere da de-morali. Siamo convinti che il negare il male che c’è in noi sia una mossa importante che ci migliora la vita. Trovare il male come qualcosa che ci è stato imposto e dato dalla nostra educazione o da una società becera, pensiamo che ci salvi dalla perdita della pace. Mentre invece è proprio questo moto che uccide la pace in noi e ci rende sempre più incapaci di amore.

Se io compio un’azione nefasta ma che è secondo la legge, io magari mi sento in colpa perché comunque il crimine c’è. L’azione che noi poniamo in essere, di fronte a questo crimine, è quella di de-moralizzarci: mi sento in colpa ma non è colpa mia, ci diciamo. Sembra che la cosa più importante che possiamo fare è quella di espellere da noi il senso di colpa per dimostrare che noi non ne abbiamo colpa. Pensiamo in tal modo di vivere meglio, di vivere in pace, di ritrovare un po’ di serenità e di felicità.

Il risultato è di tutt’altro tipo. Forse non ci sentiamo in colpa, ma certamente noi, espellendo da noi questo male di cui siamo parte e che è parte di noi, noi ci condanniamo a non sentire più o a sentire meno. Meno sentiamo e meno stiamo male? No, meno sentiamo e meno siamo capaci di amare. Meno siamo capaci di amare e più viviamo da indifferenti di fronte al male, soprattutto se di questo male noi siamo i fautori e i responsabili. Non viviamo da maggiormente felici, viviamo da depressi e come gente senza pace, sempre alla ricerca di qualcuno che sia responsabile del nostro male ma non liberandoci mai dal nostro male.

Il dono della pace di Cristo è dono che ci riporta al centro di quello che siamo: io sono male, io sono bene. La chiamata è chiamare il male col suo nome, anche se giustificato da una legge malvagia dello stato. Se io sono a posto con la legge e posso in tal modo rubare in modo legale, non significa che questo sia bene per me prima e per gli altri, per il bene comune, poi. Guardiamo al disastro che ha realizzato questo modo di fare negli stati occidentali e nella nostra Italia schiacciata da un debito che toglie la pace, che ci de-moralizza, che ci rende infelici, che non ci permette di vivere.

Gesù che ci dona la sua pace manifestando il suo amore non nega il male che c’è in noi. Non lo assolutizza, ci libera dalla sua schiavitù rendendoci capaci di bene e di bello. Dire bene ciò che è bene e chiamare male ciò che è male è un atto liberatorio. Ci libera dalla morbosa necessità di de-moralizzazione per evidenziare che noi non siamo responsabili. Ci toglie dall’abisso del dovere espellere da noi il nostro senso di colpa e ci permette di fare i conti con il nostro senso di colpa. Ci porta ad un livello dove la pace non è pace dei sensi, non è non vivere la relazione col male, ma la pace è pace di verità. In questa pace Lui che se ne ritorna al Padre, ci lascia il suo Spirito, ciò che ha di più bello e di più prezioso.

Liberi dai nostri bisogni de-moralizzanti ritroviamo morale. Con la morale ritroviamo un modo di essere in pace per potere ritornare a vivere l’interesse per la vita, vale a dire per potere ritornare ad essere capaci di amare. Non più de-moralizzati ma veri, saremo gente pacificata che vive l’esperienza dell’amore come l’esperienza non di possesso, ma come esperienza la più alta che vi sia.

Non abbiate paura, non sia turbato il vostro cuore. La passione che sto vivendo è preparavi un posto dove possiate abitare il bene e il male che c’è in voi e intorno a voi. Potere essere questo è dono di pace e di verità, è dono di libertà e di amore. Questo non elimina il male ma ce lo fa vivere in libertà non più schiavi di alcuna ossessiva de-moralizzazione che noi viviamo come un miraggio consapevoli che non ci porterà mai a quell’oasi di vita e di pace che il Signore è andato a prepararci.

Commento a cura di p. Giovanni Nicoli.

Fonte – Scuola Apostolica Sacro Cuore

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Vi do la mia pace.

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 14, 27-31a

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi.
Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate.
Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il prìncipe del mondo; contro di me non può nulla, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre, e come il Padre mi ha comandato, così io agisco».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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