p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 20 Marzo 2019 – Mt 1 16.18-21.24

Il punto di partenza di ogni moto di bene è riconoscere la nostra cecità! Fino a che chi salva delle vite in mare viene indagato e gli sequestrano la nave e chi invece sequestra delle persone e, per il proprio interesse, condanna le persone sequestrandole inchiodandole in mare, non può essere processato perché parlamentare – anche con il beneplacito di chi dice di essere contro il privilegio dei parlamentari di non potere essere processati – forse un po’ di cecità alberga sulle nostre istituzioni e su di noi italiani. Ma si sa, lupo non mangia lupo e così ciò che è bene diventa male e ciò che è male diventa bene.

Se riconoscessimo la nostra cecità! Cominciando da me. Non è una colpa la cecità è una condizione umana di fragilità che fa parte del nostro essere. La colpa nasce dal negare la nostra cecità.

Ne consegue che le nostre preghiere sono preghiere cieche e le nostre scelte politiche ed economiche sono scelte da ciechi.

Che dire della preghiera della madre dei figli di Zebedeo che è la preghiera stessa di Giovanni e di Giacomo? Non vedete che i posti a destra e a sinistra del trono annunciato da Gesù sono già occupati? La Croce, che è il trono di Gesù, ha accanto a sé i due ladroni, uno dei quali sarà con Gesù oggi stesso in paradiso.

Che cosa diciamo noi nelle nostre domande e nelle nostre preghiere? Facciamo richieste da ciechi che si credono vedenti. La cecità della nostra preghiera sta in questo: vogliamo che Dio faccia quello che noi gli chiediamo. Ma la preghiera, che è rapporto col Padre, è chiedere a Lui ciò che vuole che noi facciamo, è chiedere a Lui di farci vedere e scorgere ciò che vuole e chiedere di renderci appassionati alla sua volontà. Quella volontà che è vero bene per noi e per l’umanità. Sappiamo bene che un figlio crede di sapere tutto sulla vita e non ascolta i consigli del padre e della madre. Ma ciò non significa che il padre e la madre non vogliano il bene del figlio e che loro vedano meglio il bene reale in alcune scelte. Ebbene se noi che siamo cattivi diamo cose buone ai nostri figli, tanto più Dio Padre non darà ciò che è bene a noi suoi figli?

Se non scorgiamo questo siamo proprio ciechi. Ammettere la nostra cecità e chiedere a Lui che ci illumini perché possiamo chiedere la sua grazia, la sua forza, la sua energia per potere scegliere ciò che è bene reale, è cosa importante.

Se Dio ascoltasse le nostre preghiere, poveri noi! Caro Giacomo e Giovanni, sareste trattati da malfattori e inchiodati accanto alla croce di Gesù.

Grazie a Dio, Lui compie le sue promesse e non rincorre le nostre fisime. I nostri desideri di egoismo non lo scandalizzano, lo provocano a mandarci Gesù Luce del mondo perché possiamo ritornare a vedere e a scorgere ciò che è bene per l’umanità.

La madre dei figli di Zebedeo adora e chiede, si prostra e prega! Una preghiera devota e ossequiosa, come tante delle nostre. Una preghiera che, al di là delle apparenze, è perversa nel contenuto, come gran parte delle nostre preghiere.

Non possiamo accontentarci di salvare le apparenze: l’involucro di religiosità che avvolge le nostre scelte e le nostre preghiere religiose, rischia di essere roba da sepolcri imbiancati: belli di fuori ma marci di dentro. Tale involucro religioso nasconde troppo spesso qualcosa di poco divino e poco umano, qualcosa di diabolico.

Tentare di ridurre Dio a mediatore dei nostri fini egoistici, è cosa diabolica. Anche quando salvaguardiamo i nostri confini da un’orda di gente morta di fame.

Quando non siamo disposti a mettere la nostra cecità sul tavolo dell’adorazione e della preghiera al Padre, noi confondiamo il male col bene e chiamiamo bene ciò che è male e male ciò che è bene. La condanna pronunciata dal profeta Isaia in questo dato è chiara.

O Signore, donaci la grazia di ammettere la nostra cecità e di offrirla oggi sul tuo altare. Così, con l’occhio libero dalla trave perché a te donata, ritorneremo a vedere con i tuoi occhi scorgendo una bellezza sempre nova e sempre antica. Una bellezza che ci parla della vita in modo nuovo e rivoluzionario, bene adatto alla rivoluzione di amore che tu hai inaugurato morendo in croce per noi.

Commento a cura di p. Giovanni Nicoli.

Fonte – Scuola Apostolica Sacro Cuore

Vangelo del giorno:

Mt 20, 17-28
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, mentre saliva a Gerusalemme, Gesù prese in disparte i dodici discepoli e lungo il cammino disse loro: «Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani perché venga deriso e flagellato e crocifisso, e il terzo giorno risorgerà».
Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dòminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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