p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 20 Febbraio 2020

Continuamente la vita ci invita a cambiare passo. Arrivano sollecitazioni e avvenimenti che ci dicono: quello che eri prima non va più bene, è tempo di cambiare. È un invito bello e positivo che ci arriva direttamente dalla vita, un invito che noi però, troppo spesso, o sottovalutiamo o svalutiamo dicendolo un passo negativo e brutto. Un padre e una madre, nel momento in cui il figlio nasce, non sono più quelli di prima, non possono più esserlo. Il continuare a pensare di essere uguali a prima è il dramma della nostra esistenza, di tanti padri e madri e altrettanti figli che non arrivano mai all’età adulta e continuano a giocare a fare gli adolescenti.

Qualcosa è cambiato ma noi continuiamo come se nulla fosse, come se tutto fosse come prima. È l’esperienza bella della vita che nasce che ci mette di fronte alla bellezza della morte: le cose di prima sono passate, ne sono nate di nuove, se vuoi rendertene conto.

È l’invito spesso disatteso ad accorgerci delle nostre abitudini, vedendole per quello che sono e contemplando che, col tempo che passa, non sono il massimo. Magari ci sono servite in passato, ma ora non sono più vitali. Ma le nostre abitudini a noi piacciono perché abbiamo sempre fatto così, vale a dire che abbiamo sempre ripetuto il passato e non ci va di accorgerci che la vita cambia e che se tu non cambi rimani inadeguato rispetto alla vita, prima, alla fede, poi.   

È bello annunciare il vangelo, come mi ricorda sempre un confratello, ma se questo annuncio noi lo mettiamo al centro della nostra attenzione non dando attenzione a coloro a cui lo annunciamo, questo annuncio diventa un idolo fine a se stesso, utile a confermare le mie debolezze e i miei dubbi: il centro dell’annuncio è la persona umana non l’annuncio. Diversamente l’annuncio della buona notizia diventa una mala notizia perché solo una sfilza di cose da fare e niente vita da vivere: meglio perderlo che trovarlo questo tipo di annuncio e ancor più quel tipo di annunciatore. Lo stesso dicasi dei sacramenti, della Pasqua e del Natale: se è solo uno sfoggio di presenza e di potere, sono fine a se stessi, non sono vangelo anche se durano molto e siamo in tanti: meglio perderli che trovarli.

Pensiamo all’abitudine che abbiamo di andare alla ricerca di favoritismi personali, cosa abituale per noi italiani e non solo in politica; pensiamo alla mafia che gira intorno agli affari e agli appalti edili nel nord Italia e possiamo comprendere questa mala abitudine. Questo è il vero peccato, ci dice san Giacomo nella sua lettera, ed è trasgressione della legge.

Lo vediamo bene: “Supponiamo che, in una delle vostre riunioni, entri qualcuno con un anello d’oro al dito, vestito lussuosamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro. Se guardate colui che è vestito lussuosamente e gli dite: «Tu siediti qui, comodamente», e al povero dite: «Tu mettiti là, in piedi», oppure: «Siediti qui ai piedi del mio sgabello», non fate forse discriminazioni e non siete giudici dai giudizi perversi? Ascoltate, fratelli miei carissimi: Dio non ha forse scelto i poveri agli occhi del mondo, che sono ricchi nella fede ed eredi del Regno, promesso a quelli che lo amano? Voi invece avete disonorato il povero!”.

È tempo di passare oltre, lasciando le vecchie, malefiche e mortali abitudini per incontrare la vita nuova. Ma perché mi sono dilungato così oggi? Cosa ci dice il vangelo? Gesù chiede ad ognuno di noi: chi sono io per te?

La risposta a questa domanda, che è rivolta personalmente a me, non può essere data con le parole o con le celebrazioni o con i sacramenti. La risposta è risposta di vita dove al suo interno vi sono anche messa e battesimi, non viceversa. L’orizzonte è la vita non i sacramenti, che sono e rimangono strumenti straordinari di vita e di fede, ma strumenti che non posso sostituirsi alla vita umana.

Noi siamo chiamati a seguire non quel Gesù che pensiamo noi, ma quello vero. Pietro che ha fatto la sua professione di fede, la smentisce da subito con la sua scelta di riprendere Gesù perché non fedele alla visione tradizionale di chi doveva essere il Cristo. Era da sempre così, cosa gli salta in mente di cambiare?

Da sempre dobbiamo onorare e tenerci buoni i ricchi e angariare i poveri come se fossero colpevoli: perché dobbiamo cambiare?

Può darsi che a noi non interessi, perché non fa i nostri interessi, il Cristo che vince il male con la Croce. Ma questa è realtà di vita che ci viene incontro. Cosa dicono gli uomini? Cosa dice Pietro? Cosa dico io, con la mia vita e le mie scelte? Preferisco il buon senso comune che è seguire Satana, oppure ci sto a giocarmi con la Buona Notizia che è seguire il Cristo che dona la vita per noi, poveri prima e ricchi poi?

Fonte

Commento a cura di p. Giovanni Nicoli.

LEGGI IL BRANO DEL VANGELO DI OGGI


Tu sei il Cristo …. Il Figlio dell’uomo deve molto soffrire.
Dal Vangelo secondo Marco Mc 8, 27-33   In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti». Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.  E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere. Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».   Parola del Signore

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