p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 2 Gennaio 2020

Finalmente alziamo il velo sul testimone e ne contempliamo il volto. Per noi il testimone se da un lato è uno che fa il suo dovere, dall’altro è uno che è sempre un po’ fanatico. Direi che questa percezione in sé è falsa, è difensiva contro il testimone, descrive molto bene il falso testimone. In realtà il testimone è ciò che io sono, non ciò che non sono. Non debbo parlare di qualcun altro, debbo solo evidenziare ciò che l’altro è in me. Non debbo mostrarmi, non debbo farmi bello, non debbo farmi accettare, semplicemente debbo essere in verità liberamente, secondo la giustizia di Dio.

Il testimone non è un fanatico che ha un’idea fissa e che non molla la sua posizione. Ma il vero problema non è se uno è tenace nella sua testimonianza, quanto invece che cosa testimonia.  Se testimonia libertà nell’essere fratelli e misericordia, non può essere fanatico. Non può esserlo semplicemente perché non sarebbe testimone di quello che dice, il testimone infatti vive ciò che dice. Si può testimoniare in modo sbagliato, si può essere testimoni del falso, si può essere paladini della menzogna, se non addirittura della violenza e del dominio, utilizzando la Parola per dominare e non per servire la verità, la giustizia e la libertà.

Il testimone è colui che non recede di fronte a nessuna di queste bellezze: verità, giustizia e libertà. Se togliamo verità alla nostra testimonianza, non ci può essere libertà né tantomeno giustizia. È come togliere la testa ad un uomo, cosa che molti malati di potere farebbero volentieri anche nei nostri stati democratici.

Lasciare da parte la giustizia che è amore verso il prossimo, magari per motivi futili, magari per arginare il terrorismo che tanto ci fa comodo per potere angariare la gente e fargli fare quello che vogliamo, è togliere il cuore ad una persona.

Togliere la libertà dalla nostra testimonianza, è togliere i polmoni al prossimo e a noi stessi: ci manca l’ossigeno, ci manca il respiro, si muore asfissiati. Rimane comunque sempre centrale non il bisogno dell’altro quanto invece il bene dell’altro.  Verità è non farsi ingannare dalle false manifestazioni di giustizia e libertà. Libertà non è giocarsi a servizio di bisogni indotti per potere sfruttare al meglio il portafoglio dell’altro il quale, meno è libero e più è disponibile a farsi derubare con tutti i crismi e leggi che sono solo figlie della ingiustizia e creatrici di ingiustizia. Giustizia non è seguire le leggi di questo mondo, leggi fatte dai cosiddetti grandi, utili a conservare il potere, non certo a servire il bene della gente.

Non si può vivere solo per la giustizia o solo per la libertà o solo per la verità: questi tre vanno a braccetto, sono un treppiede inseparabile: se ne togli uno il treppiede cade. Questa triade è Pane di vita per vivere: fa vivere me perché mi nutre e fa vivere il prossimo perché diviene pane offerto nella testimonianza.

Essere testimoni è essere noi stessi. Ciò che noi sappiamo, ciò che noi viviamo, è accoglienza di quanto altri hanno seminato in noi. Testimoniare è vivere tutto ciò che fa sì che l’uomo sia uomo.

Essere veri nella Parola e non falsificarla è essenziale non tanto per una testimonianza vera, quanto invece per una vita vera da cui la testimonianza promana. Essere falsi testimoni significa falsificare la giustizia nel giudizio e uccidere la libertà del prossimo. Così non ci guardiamo più negli occhi, non ci relazioniamo, uccidiamo la comunicazione. Se noi abbiamo qualcosa di difficile da dire all’altro noi usiamo un messaggino, o una mail, pur di non trovarci a faccia a faccia con l’altro.

All’origine dei mali troviamo una falsa testimonianza, la testimonianza del serpente su Dio. Ne siamo coscienti che ne uccide più la parola che la spada? Il non peccare con la lingua è una delle più alte raccomandazioni di san Giacomo nella sua lettera. Gesù ci invita ad un linguaggio che sia “sì, sì, no, no!”, il di più viene dal Maligno. Dice un saggio: se uno usa dieci parole dove ne bastano nove, è capace di qualsiasi delitto.

La parola ha un suo valore ed è chiamata a risuonare nella verità. La Voce che grida nel deserto è chiamata a gridare una Parola vera, a costo di gridarla a nessuno. Una Parola vera e liberante, che non domina e non schiavizza.

Il testimone è colui che dà corpo, dà voce alla realtà della Parola, semplicemente perché la vive e vivendola la invera manifestando tutta la liberante verità che la abita.

Giovanni è l’uomo vero che vive la Parola che dice: non dice chi lui non è per compiacere sacerdoti e leviti, servi del potere politico. Dice chi è: voce di uno che grida nel deserto: rendete diritta la via del Signore!

Fonte

Commento a cura di p. Giovanni Nicoli.

LEGGI IL BRANO DEL VANGELO DI OGGI


Dopo di me verrà uno che è prima di me.
Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 1, 19-28 Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elìa?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa». Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elìa, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando. Parola del Signore

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