p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 18 Settembre 2021

464

Fondamentale è scorgere che anche questa mattina il Signore esce a seminare e a seminare con abbondanza. Il campo in cui esce a seminare siamo noi, è il mondo.

In noi, come nel mondo, vi sono terreni buoni e terreni meno buoni. Vi sono parti dove ritroviamo spine, vi sono parti dove il terreno è un cuore integro e buono, vi sono parti dove il terreno è refrattario e parti dove il terreno è roba da entusiasmo che dura l’arco di una giornata, quando va bene.

Noi siamo questo terreno, meglio noi siamo questi terreni. Non siamo mai un terreno unico. Quello di catalogare noi identificandoci in un terreno unico e quello di catalogare gli altri in un terreno unico, è una tentazione farisaica finalizzata a mistificare la realtà. È atteggiamento che prima o poi cade nel giudizio sugli altri che sono sempre terreno non buono per giustificare il nostro essere terreno buono, almeno in apparenza.

Noi siamo terreno buono e terreno meno buono. Compiere questo passo significa metterci nella condizione di non considerarci né a posto e neppure senza speranza: il dire “sono fatto così” è una brutta abitudine a scusare quello che siamo e a non sentirci in cammino.

Scorgere le bontà che sono in noi e con esse le criticità, è atteggiamento sano per potere comprendere ciò che possiamo: fare e decidere ciò che possiamo fare, sentendoci comunque in cammino.

Oltre a riconoscere questo dato, è importante riconoscere il fatto che anche oggi il Signore esce a seminare e a seminare con abbondanza. Vederlo, riconoscerlo, accoglierlo significa preparare anche oggi il nostro cuore ad essere buono e integro. È vero che il passato ha un suo peso nella nostra esperienza, ma è altrettanto vero che ogni giorno il sole sorge e ogni giorno la vita rinasce.

Essere fiduciosi che questo avvenga è un dono di speranza che lancia il nostro sguardo su un futuro che è tutto da vivere, cominciando da ora. Non ci può essere futuro scuro se riconosciamo il Signore che esce a seminare e ci mettiamo nella disposizione di potere accogliere anche oggi i semi della sua Parola. Sappiamo che parte di questi semi cadranno su un terreno buono, come parte degli stessi cadranno su un terreno non buono. Siamo realisti e allo stesso tempo gente di fede che accoglie la vita così come è, ma con uno sguardo che ci spinge ad andare oltre.

Essere missionari significa proprio questo: camminare sulla via della vita, accogliere il dono che ogni giorno il Signore ci fa, portare frutto perché i nostri fratelli possano rallegrarsi dei doni che il Signore ha seminato in noi.

Noi siamo il campo di Dio. Non serve a nulla catalogarci. Serve invece il coraggio rinnovato di esporci alla semina di Figlio, al vento dello Spirito, alla rugiada del Padre. Il nostro cuore buono e ben disposto porterà frutto se aperto a questo incontro con Dio. Ne conseguirà una apertura nuova verso i fratelli, terreno buono della semina di Dio e terreno buono per una condivisione di tale semina che non è più cosa personale, ma sarà cosa comunitaria e vitale.

Evidenziamo oggi gli ostacoli che noi personalmente e come comunità frapponiamo all’ascolto della Parola – non ho tempo, non posso ascoltarla sempre, non posso farla mia, sono preso da tante cose, spero che quando andrò in pensione forse riuscirò a fare … – cercando di porre delle azioni buone perché il nostro terreno possa divenire buono, accogliente e perseverante nella sua essenza.


AUTORE: p. Giovanni Nicoli FONTE SITO WEB CANALE YOUTUBE FACEBOOKINSTAGRAM