p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 15 Ottobre 2020

Non facciamo una bella figura se prendiamo una lampada, che magari ci costa fatica, sudore e soldi, la accendiamo e poi la mettiamo sotto il letto.

Purtroppo spesso noi scribi e farisei, biblisti e dottori della legge, preti e religiosi, cristiani di ogni razza e nazionalità, facciamo proprio questo. Impariamo tanto della bibbia e della fede, ma poi non lo viviamo e lo facciamo passare in secondo piano.

Provo a fare un esempio. Uno dei problemi dei nostri giorni è la solitudine, meglio il fatto di sentirci soli. La solitudine infatti ha una accezione positiva, il sentirsi soli no. Mi pare che questo essere soli fuori e dentro, sia conseguenza del nostro continuo dare importanza al singolo che è cosa sempre più mascherata. Pensiamo alla nostra vita come ad una monade che si muove in questo universo di monadi. L’individuo la fa da padrone su tutto e di tutto si schiavizza. Ne consegue la perdita della persona che è relazione con gli altri e col mondo. Tutto quanto abbiamo conosciuto della nostra umanità, del nostro corpo, della nostra cultura, del nostro esistere perde di senso perché chiuso in se stesso. Sappiamo molto di più, abbiamo più possibilità, abbiamo più comunicazione, ma siamo senza senso, non sappiamo metterci in relazione vera, ci diventa più facile relazionarci con una macchina, sia essa un i-pod o un computer, che relazionarci con l’altro. Unica via di scampo sembra essere la relazione, se di relazione si può parlare, con un animale.

Abbiamo imparato tante cose, ne sappiamo di più anche nel campo della fede, ma non usiamo questo dono per essere sale della terra e luce del mondo. Potremmo avere più luce ma la nascondiamo sotto il moggio. Ci è stata data la chiave della conoscenza, quella conoscenza dei piccoli, ma noi la usiamo come scribi e farisei per tenere chiuse le porte anziché per aprirle al dono della vita.

Magari impariamo la Parola di Dio, ne conosciamo meglio i chiaro scuri, impariamo Dio, ma non lo viviamo come Padre. Abbiamo in mano la chiave per aprire questa porta, ma semplicemente non ci crediamo e dunque non la usiamo correttamente: la usiamo per chiudere anziché per aprire, appunto.

Abbiamo in mano la chiave della fede ma rimaniamo fuori dalla fede accontentandoci di una religiosità che vive pensando di essere noi a donare vita a Dio solo perché compiamo un’opera per Lui. Noi ne rimaniamo fuori e chiudiamo dentro Dio non permettendo a nessuno di entrarvi. La chiave della conoscenza che ci è stata data noi la togliamo semplicemente perché abbiamo un’immagine di un Dio senza misericordia.

Noi insipienti saremo lo strumento per la salvezza perché innalzeremo oggi come ieri, la vera sapienza che è stoltezza per il nostro pensare.

Noi leviamo, che significa anche uccidere e innalzare, questa chiave della conoscenza. Ma levandola per nasconderla sotto il moggio, noi eleviamo il Salvatore uccidendolo. La chiave della sapienza, che è la croce, noi volendola nascondere agli occhi degli uomini, la innalziamo molto bene sul monte così che tutti la possano contemplare. A coloro che innalzeranno lo sguardo sarà donata la salvezza, la sapienza della vita. Vogliamo nascondere la luce della sapienza della croce, per questo uccidiamo lo stolto sapiente Gesù. Nell’ucciderlo portiamo a compimento, sulla croce, il dono della salvezza che scaturisce dalla chiave della sapienza di Dio che è appunto la croce.

È la chiave di quel Dio che è misericordia, è la croce di Gesù che viene realizzata proprio a causa della Legge, a causa dei legisti e degli scribi/biblisti.

Gesù dunque porta su di sé la maledizione della giustizia e della sapienza della Legge. Lui sarà la causa e la soluzione dei guai che ricadranno come maledizione su di lui. Il calvario e la croce saranno la chiave della conoscenza che apre alla salvezza, ad un mondo più vero e più umano.

Con Paolo possiamo dire di non conoscere altro se non Cristo Gesù, il crocifisso (1Cor 2, 2). Per questo con Paolo potremo considerare spazzatura tutto quello che conosciamo perché totalmente avvolti dallo stolto abbraccio della croce, chiave della misericordia di Dio che ama giusti e ingiusti, perché tutti suoi figli.


AUTORE: p. Giovanni Nicoli 
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