p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 14 Aprile 2019 – Lc 22,14 – 23,56

CRISTO È CROCIFISSO IN QUELLE DONNE E BAMBINI!

Quello che donne, bambini e neonati stanno soffrendo nei campi di detenzione in Libia, è uno dei più grandi fallimenti della nostra civiltà. Sono gli anelli più deboli di questa dolorosa catena, i più esposti alla violenza, le più fragili vittime di questo genocidio che si consuma sotto i nostri occhi.

Ogni giorno un bambino nasce nell’inferno senza nessuna possibilità di risurrezione, senza nessuna aspettativa di vita, senza nessun futuro. Neonati considerati soltanto Immondizia umana.

Sono i figli della violenza, degli stupri, degli abusi, sono il frutto di rapporti subiti ad opera dei gendarmi e degli uomini del campo.

In un pezzetto di terra dove non esiste nessuna legge, nessun diritto, nessuna umanità, loro subiscono le più atroci violenze.

Nel campo nascosto dietro le collinette di Al Khoms, vedi vagare donne con occhi spenti e le pance gonfie per la violenza subita.
Hanno i volti tumefatti dalle botte ricevute per non aver accettato subito e senza reagire, lo stupro dei carnefici.

Partoriscono tra la sabbia e i cartoni, abbandonate da tutti al loro destino, si tagliano da sole quel cordone ombelicale e consegnano il bambino al suo triste destino.

Molti non sopravvivranno più di due o tre giorni, spesso anche le “madri” subiscono la stessa sorte.

Infezioni ed emorragie, compiranno il destino.

Saranno gettati via quei piccoli corpi senza vita e senza nome, fuori dal campo dove si accumula e si sotterra l’immondizia.

Bambine che portano dentro di sé altri bambini…..
Uno spettacolo devastante per l’anima, per la nostra mente che rifiuta quello che vede, che ci impone di togliere lo sguardo da quegli esserini seminudi che vagano per il campo.

I “Figli del NO” inascoltato, i figli del dolore patito; dell’offesa subita, i figli del disprezzo, i figli che nessuno ha voluto e che nessuno vuole, i figli che non conosceranno mai la vita… e forse è meglio così.

Preghiamo se sappiamo ancora commuoverci e piangere, e dedichiamo un minuto, un solo e semplice minuto a quelle “Mai Madri” dei campi di tortura, a quei “Mai Figli” di quei lager abbandonati dalla nostra incoscienza umana.

Claudio Khaled Ser

Commento a cura di p. Giovanni Nicoli.

Fonte – Scuola Apostolica Sacro Cuore

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