p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 13 Gennaio 2020

Quando leggiamo la Parola capita di leggere lentamente e poi, colpiti da una parola, ci buttiamo su quella per approfondirla. Non sappiamo perché proprio quella. Sappiamo però che non vogliamo esaurire la Parola ma solo vivificarci alla sua luce.

Con Gesù è finito il tempo dell’attesa: Lui è il Regno di Dio. A Lui siamo chiamati a convertirci e a credere alla Parola. Parola che ci mostra il suo cammino e ci solletica a cogliere cosa significhi seguirlo.

Siamo in Galilea, luogo dove Gesù è cresciuto. Lì ha vissuto 30 anni. La Galilea è il luogo della vita quotidiana, dove torniamo dopo il periodo natalizio, dove ritorniamo ogni giorno dopo il nostro risveglio. Questo ci dice che il vangelo noi lo incontriamo nella vita concreta, nella vita quotidiana, non lo devi cercare chissà dove.

Galilea, luogo del quotidiano; Galilea regione un po’ compromessa dal punto di vista religioso e storico. Da qui Gesù inizia la sua vita pubblica, il suo annuncio del Regno, perché Dio non è che lo troviamo negli spazi più puliti magari della Giudea, magari di Gerusalemme, magari della chiesa del paese o nel Vaticano; Dio non lo troviamo negli spazi più puliti della nostra esperienza, nel lembo più pulito del nostro cuore o nell’angolo più sereno della nostra mente; Dio lo troviamo nella concretezza dei nostri limiti e del nostro peccato. Prima di ogni azione di ogni genere e tipo, il pio mussulmano prega dicendo “bismillah”, in nome di Allah. Noi, con loro, dovremmo invocare l’Unico Dio ricordando che quello che stiamo facendo e quello che stiamo vivendo, lo stiamo facendo con Lui e grazie a Lui. Ciò che fa la differenza, in ciò che facciamo, è il cuore che ci mettiamo e la verità dello stesso. C’è gente che ti avvicina sempre arrabbiata e magari arrabbiata non è, magari è solo impaurita dalla vicinanza. Oppure c’è gente che ti avvicina sempre col sorriso ma dentro è piena di livore e di desiderio di fregarti. Non importa dove siamo e cosa stiamo facendo, ricordarci di farlo nel suo Nome e per amor suo significa immergerci nel quotidiano con un cuore bello perché in ogni realtà bella o brutta che sia poco importa, c’è sempre Lui.

Convertitevi, ci dice Gesù, può voler dire “smettetela di cercarmi chissà dove, in luoghi sublimi dove non ci sono”. Non sono un Padre che si ritira sul monte bello lasciando i propri figli nel caos della città. Sono lì con loro e con loro cammino, senza mai essere di impedimento alla loro libertà: ma sono lì. Pregare semplicemente “nel Tuo Nome”, all’inizio di ogni azione, significa rimetterlo al centro del nostro cuore mettendo noi stessi al centro del suo.

Lui è nella nostra realtà coi suoi problemi! In questa realtà proclama la Buona Notizia. La Buona Notizia è proprio questa: Dio è con noi. Lui è l’Emmanuele, Lui è il Vangelo leggendo il quale noi incontriamo Lui. Dio lo incontri nelle Parole che ti dice e nel quotidiano dove queste Parole risuonano. Ogni volta che mi accosto alla Parola, se lo ascolto, io incontro Dio, quel Dio che posso lasciare risuonare nel mio cammino quotidiano in qualsiasi cosa che faccio.

Dio è nella Parola ascoltata come ogni persona è nella parola che ascolti di lei. Se tu l’altro non lo ascolti o fai finta di ascoltarlo, tu l’altro non lo incontri. Quell’altro che ti parla in ogni modo: con parole e gesti, con sguardi e sentimenti. L’altro esiste per te se lo ascolti, così Dio esiste per te se lo ascolti in ogni gesto che compi.

Dio è relazione di ascolto; a Lui possiamo dire sì o no! C’è una parola interiore che oltrepassa l’orecchio, è un sentimento profondo del cuore che scaturisce dalla parola. Se io dico a uno ti detesto, uno può fare l’analisi di quanto udito per capire, ma ciò che è più importante è la risonanza magari di tristezza e di chiusura che emerge in noi. Così se dico a uno mi sei simpatico, al di là della parola, scaturisce una parola interiore che parla e dice e reagisce.

A questa Parola interiore dobbiamo prestare attenzione ascoltandola con tutto noi stessi: mente, cuore, sentimento, volontà, forza, desiderio. Questa ci conduce alla verità di relazione con il prossimo e con Dio. Questa è l’interiorità che noi andiamo a cercare sempre in ogni angolo e in ogni dove. Interiorità sta nel cercare di sentire quello che sentiamo. Allenarci a sentire ciò che sentiamo dandogli un nome è interiorità quotidiana che ci permette l’incontro vero con la vita nostra, del prossimo e di Dio.

Le parole come i gesti non possono essere generi di consumo, non possono essere ridotti a cose da consumare. I nostri gesti nascono dalle parole sentite senza essere capite e volute, sono quasi degli automatismi: si dice una parola e si compra un prodotto. Il nostro agire rischia di essere un cortocircuito tra quello che ascoltiamo e quello che facciamo.

Ascoltare il Vangelo con attenzione, ritornare alla vita con il ricordo di per chi facciamo ogni cosa, bismillah, è vivere in modo nuovo e in modo vero ogni angolo della nostra giornata lasciando risuonare in noi e intorno a noi Gesù Parola. Nel cuore, negli occhi, nella mente, nelle mani, nei piedi.

Fonte

Commento a cura di p. Giovanni Nicoli.

LEGGI IL BRANO DEL VANGELO DI OGGI


Convertitevi e credete nel Vangelo.

Dal Vangelo secondo Marco
Mc 1, 14-20

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. Subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.

Parola del Signore

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