p. Giovanni Nicoli – Commento al Vangelo del 10 Settembre 2020

Quando leggiamo il vangelo una delle tentazioni che rischiamo di subire, al di là della nostra buona fede, è quella di cercare delle risposte, delle certezze alle nostre incertezze. Il vangelo è Buona Notizia, non è un libro di ricette più o meno accettabili per rendere più sicura la nostra vita. La grande tentazione moderna di noi occidentali di ricercare sicurezze e risposte certe, è una delle grandi fonti mortali che ci portiamo dietro e che ci chiudono alla vita. Come si fa a mettere al mondo un figlio in questo mondo di incertezze? Che futuro gli doniamo?

Tutto diventa fumoso e temibile. L’incertezza, il dubbio, l’inquietudine sana sono fonti di ricerca e fonti di vita. Il vangelo è Buona Notizia non perché ci mette al sicuro dai poveri che bussano alle porte dei nostri confini, il vangelo è tale perché mette in dubbio quello che per noi è certezza e mette in noi, se lo ascoltiamo con cuore aperto, una sana inquietudine a ben vedere la realtà, al di là delle apparenze, e a ben agire, al di là delle cosiddette convenienze che avvelenano tutto quello che facciamo.

Il vangelo di quest’oggi, impossibile da analizzare tutto in questo momento, è un evidenziatore di come noi trattiamo la vita, Dio e il prossimo e di come Dio vive la vita, noi e il prossimo. L’essere di Dio mette una pulce di dubbio in noi, su come noi pensiamo che Dio sia o debba essere e di come noi dovremmo essere e trattare sia Dio come il fratello.

L’invito è chiaro: una sana incertezza e un sano dubbio, sono più vitali di quelle insane certezze che noi rincorriamo ogni giorno e che all’apparenza sembrano essere risolutorie, mentre in realtà sono velenose e mortifere.

Dietro gli imperativi del vangelo di oggi siamo invitati a leggere un indicativo che mostra come Dio mi ha amato. Queste parole sono parole autobiografiche: sono ciò che Dio ha fatto. Quel Dio che non è Dio terribile e uccisore di nemici, come noi pensiamo. Viene evidenziato dal vangelo come Dio ama me, che sono suo nemico, mentre lo uccido. Dio, purché io sia salvo, è disposto a subire ogni male da me: io lo spoglio e Lui risponde rivestendomi della sua nudità. Mi dona ciò che non so chiedergli e non chiede indietro nulla di ciò che gli ho rubato.

Chi è Dio per me, apre la porta del suo amore verso di me rivelandomi chi sono io per Lui. Io suo nemico, odiatore, maldicente, rinnegatore, violento, spogliatore, petulante, indigente e ladro, sono oggetto di amore e di grazia misericordiosa.  Sperimentare e sapere l’amore di Dio verso di me, è conoscere il Padre nello Spirito grazie al Figlio primogenito tra molti fratelli.

La conseguenza di tutto ciò è una visione diversamente sapienziale di come io debbo essere verso i fratelli. Ciò che Lui ha fatto per me diventa conoscenza di chi Lui è e conoscenza di chi l’altro è: fratello da vivere e da trattare come Dio ha trattato me.

Noi trattiamo Dio con timore, come qualcuno da tenere buono; noi trattiamo noi stessi con sfiducia autoesaltante e negante l’altro. Siamo gente che vive in pratica l’homo homini lupus. Dio si presenta a noi perché accogliamo l’invito ad essere e diventare homini homini Deus: ci prende dalla nostra giungla quotidiana e ci porta ad accogliere l’invito a diventare come Lui.

La mia vocazione è essere figlio chiamato al suo amore. La mia vocazione è conoscere il suo volto per essere trasformato a sua immagine e somiglianza, così come mi ha creato.

La storia di Gesù, narrata in questo brano, diventa seme di dubbio di come noi ci viviamo e ci trattiamo, oltre che di come vediamo e viviamo Dio. Un dubbio sano messo in me grazie alla conoscenza di come Dio mi ama. L’invito a lasciarmi guarire da Dio è chiaro, come risulta chiaro che Dio non è nemico, ma è l’Incarnato che guarendomi dall’inimicizia, mi invita ad essere guaritore dell’inimicizia fra me e il fratello.


AUTORE: p. Giovanni Nicoli 
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