Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 3 Novembre 2021

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Gesù questa mattina si volta verso la folla che siamo noi e ci parla chiedendo ascolto (cf. Lc 14,35): “Se uno viene a me” (v. 26) con l’intenzione di divenire mio discepolo sappia che questo è al prezzo di alcune condizioni da cui non si può prescindere.

La prima condizione, come suggerisce il verbo greco, è “odiare” padre, madre, figli, fratelli, sorelle e la propria vita (cf. v. 26), a cui possiamo aggiungere gli averi (cf. v. 33). Siamo davanti a un semitismo il cui vero significato è “chi non mi ama più di…”, “chi non mi preferisce a…”, come scrive l’evangelista Matteo (cf. Mt 10,37). Non è in gioco il sentimento di affetto e l’onore verso i propri cari (cf. Lc 18,20), ma l’avere chiaro che Gesù e la sua parola hanno la precedenza su di loro, hanno il primo posto nella vita del discepolo, essi sono il determinante del modo di pensare, di sentire e di comportarsi di quanti si aggregano alla compagnia di Gesù.

Lo stesso vale per il proprio io e le ricchezze. Gesù è categorico, “o … o”, non si danno alternative, non può essere discepolo chi preferisce persone care, sé stesso e cose a proprie, chi non fa di lui il centro del proprio essere, il solo che apre ad amare in verità i familiari e sé stessi, ad usare bene le ricchezze. Gesù risveglia la coscienza a chiedersi chi è al cuore del nostro cuore, chi orienta il nostro esserci, chi è il nostro Signore. Discepolo è chi va a lui e sceglie lui.

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La seconda condizione richiesta per il discepolato è il “prendere la propria croce” alla sequela di Gesù (v. 27). Egli chiama a divenire a sua immagine e somiglianza creature che assumono il comandamento dell’amore in termini incondizionati fino al dono di sé, fino alla croce, l’espressione più alta dell’amore di Dio in Cristo per l’uomo giusto e ingiusto. Il discepolo di Gesù è chiamato a seguire Gesù, giorno dopo giorno, prolungandone l’atto di amore fino alla consumazione di sé, la via della resurrezione.

I versetti finali (vv. 28-32) sono un invito al vagliare bene che cosa significhi e comporti la via del discepolato: è un sì a Gesù e al suo vangelo accolti come fioritura dell’essere, chiamati a divenire come lui figli e figlie amati, dischiusi ad amare come amati e figli della resurrezione (cf. Lc 20,36). Un cammino mai concluso, una costruzione che è una battaglia contro le possibili derive idolatriche dell’io, della merce, del richiamo del sangue. Con lui al fianco nella perseveranza, tema caro a Luca (cf. At 2,42), e nella consapevolezza della resa. Riflettere bene.

fratel Giancarlo


Fonte

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