Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 29 Ottobre 2019

Il regno di Dio, cioè Dio che regna nelle nostre vite, in noi e attorno a noi, ora e sempre, non è simile a un granello di senape in sé, non si può paragonare al lievito in astratto o sottovuoto. No, le similitudini, i paragoni che Gesù fa sono tutt’uno con quanto avviene del granello di senape e del pizzico di lievito all’accadere di determinate circostanze. È l’insieme delle potenzialità racchiuse in quelle minuscole sostanze, dell’azione di un essere umano, del trascorrere del tempo che fa di un piccolo seme e di qualche enzima l’immagine dell’agire di Dio nella storia e per il tempo che non avrà mai fine. E i due esempi del brano evangelico odierno si mostrano complementari nell’offrirci una visione e una comprensione di cosa significhi che Dio regna.

Da un lato abbiamo un piccolissimo seme, di una pianta il cui prodotto appartiene alla gratuità del gusto e non alla sostanza del cibo, ma un granello che – come tutti i semi – deve essere seminato, gettato in terra, per avere la possibilità di germinare. Un uomo compie questo gesto, unisce la volontà alla potenzialità intrinseca del seme. Una volta caduto a terra, per il seme prende avvio una vicenda da due possibili esiti opposti: se rimane solo, geloso della forza imprigionata nel suo germe, non porta frutto; se invece muore porta molto frutto (cf. Gv 12,24). Eppure il frutto su cui si sofferma qui la similitudine evangelica non è il grano di senape che aggiungerà sapore ai cibi, bensì un risultato collaterale: i rami di un cespuglio che serviranno da nido e riparo per gli uccelli del cielo. I frutti della presenza del regno di Dio in mezzo a noi non sempre sono quelli che ci potremmo attendere: se abbiamo bisogno di discernere la presenza di un minuscolo seme, dobbiamo anche esercitare il discernimento per scoprire la ricchezza inaspettata che sta in un intrecciarsi di rami prima ancora che nel gonfiarsi di una spiga.

D’altro lato abbiamo il pizzico di lievito – naturale, non chimico – cioè una porzione del pane di ieri messa da parte, custodita e accudita, perché diventi fermento per il pane di domani. Qui non più un uomo, ma una donna, maestra come tutte le donne nel far lievitare la vita, nasconde il fermento vivo nella massa della farina: come il seme nel terreno, così il lievito deve scomparire nella pasta per farla lievitare tutta. Poi il pane per diventare tale dovrà conoscere il calore del forno, ma senza lievito resterebbe cibo della schiavitù e della fretta, come quello consumato subito dopo l’esodo dall’Egitto.

In altri passaggi del vangelo il lievito sarà paragonato alla dottrina, in virtù della sua capacità di suscitare l’agire umano, ma qui è immagine del regno che entra in mezzo a noi, della stessa nostra natura e sostanza, ma portatore di un’energia vitale a noi sconosciuta. Come spirito di vita impasta le nostre esistenze e le nostre comunità, le rivitalizza, le rende ciò che sono chiamate a essere: anticipazioni del regno di Dio nella compagnia umana. Sì, perché il regno di Dio non è qui o là, ma lo troviamo dove lo lasciamo entrare, nell’adamà, nella terra di cui siamo composti, nella farina che il vento disperderebbe senza l’amalgama dell’impasto.

fratel Guido

Fonte

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LEGGI IL BRANO DEL VANGELO DI OGGI

Il granello crebbe e divenne un albero.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 13, 18-21
 
In quel tempo, diceva Gesù: «A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo posso paragonare? È simile a un granello di senape, che un uomo prese e gettò nel suo giardino; crebbe, divenne un albero e gli uccelli del cielo vennero a fare il nido fra i suoi rami».
 
E disse ancora: «A che cosa posso paragonare il regno di Dio? È simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».

Parola del Signore

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