Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 2 Febbraio 2021

Oggi, memoria della presentazione di Gesù al tempio, ascoltiamo che il bambino Gesù viene portato al tempio dai suoi genitori per il rituale della purificazione. E che lì avviene un evento profetico: l’incontro di Gesù infante con Simeone e Anna, due persone di cui è detta la fedeltà, il timor di Dio, la capacità di lode e benedizione nell’attesa perseverante della consolazione di Israele. Essi rappresentano il cuore fedele di Israele, quei poveri e miti cantati dal profeta Sofonia che, confidando solo in Dio, lo hanno atteso sempre, invocandolo, benedicendolo e aspettandolo senza stancarsi. E ora, accogliendolo, lo riconoscono come il Messia, la consolazione di Israele promessa e tanto attesa. 

Giuseppe e Maria, appartenenti anch’essi al resto fedele di Israele, si stupiscono delle parole di Simeone. Maria, la madre, ascolta parole tragiche rivolte a sé: “Egli è qui per la rovina e la resurrezione di molti in Israele … e a te una spada trafiggerà l’anima”. Maria qui impersona anche Israele, che sarà tragicamente lacerato tra l’accoglienza e il rifiuto di Gesù.

Di Anna è detto che era profetessa – forse perché di una donna, se non sta scritto dallo Spirito santo, nessuno ci crede; ancora oggi impressiona che una donna profetizzi nella casa di Dio. Ella subito si mise a parlare del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Ma anche Simeone è profeta: ambedue sono persone che, vissute nell’ascolto della parola di Dio e nella cura di adempierla, quando parlano dimostrano di esserne diventate un’eco incarnata. 

Anche Simeone, entrato nel tempio spinto dallo Spirito santo, subito accoglie Gesù nelle braccia e benedice Dio. Anch’egli riconosce in quella apparenza ordinaria di un bimbo in braccio a sua madre, lo straordinario: il compimento della promessa di Dio al suo popolo Israele, e che dunque riguardava anche lui. E poiché lo Spirito gli aveva rivelato che non sarebbe morto prima di vedere coi suoi occhi la salvezza, al vedere il bambino, sopraffatto dalla tenerezza della compassione di Dio, esulta cantandola anche come il compimento della sua vita. E prega: “Ora, o Signore, lasciami andare nella pace, perché i miei occhi han visto la tua salvezza”. La vita di Simeone era questa attesa di Dio, ed anche il suo modo per prepararsi a morire nella pace. 

Simeone vide Gesù infante, e gli bastò. Impariamo da lui a gustare la salvezza nel suo inizio, senza pretendere di vederla compiuta. Noi ascoltiamo e incontriamo la presenza viva di Gesù nella sua parola di vita, e da Simeone impariamo che ci può bastare per vivere, e per morire, nella pace e nella benedizione per gli umani e per Dio, nell’attesa che la sua salvezza incominciata si compia per tutto il cosmo e la storia.

Simeone dice anche, come un perfetto condensato di tutte le profezie che il Servo del Signore avrebbe compiuto, che Gesù è “luce per le genti e gloria per il suo popolo Israele”. E questo è anche un grave ammonimento per noi: per poterci riconoscere tra le genti illuminate dal Messia Gesù dovremo riconoscere che egli è anche gloria per l’Israele di Dio. 

sorella Maria


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