Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 19 Aprile 2019

Al cuore del racconto della passione sta un testo importante, costruito su scene di esterno e d’interno: la comparizione di Gesù davanti a Pilato, il governatore romano (Gv 18,28-19,15).

La folla e le autorità religiose sono fuori per non contaminarsi al contatto con l’amministrazione romana pagana, poiché alla sera inizierà la festa di Pasqua.

Dentro sta Pilato con Gesù, reso impuro poiché condotto nella residenza del governatore, benché lui, Figlio di Dio, sia il Puro per eccellenza. Non è forse ciò che scriveva Paolo: “Colui che non conosceva il peccato, Dio l’ha fatto peccato per noi affinché diventassimo in lui giustizia di Dio” (2Cor 5,21)?

Inizia allora un andirivieni di Pilato tra l’esterno e l’interno per decidere come comportarsi. In realtà è lo sfacelo del potere imperiale. Infatti, dopo aver posto diverse questioni alla folla per sapere perché gli hanno consegnato Gesù, e a Gesù per capire ciò che ha fatto, Pilato deve riconoscere di non trovare nulla da rimproverare a Gesù e propone vigliaccamente un “mercato” a quelli che stanno fuori: vista l’usanza di rilasciare un prigioniero in occasione delle feste, chiede se deve rilasciare il loro re. Evidentemente non è ciò che vogliono; anzi approfittano della proposta per chiedere la libertà del brigante assassino dal nome programmatico di Barabba: il suo nome è quello che si addice davvero a Gesù: “figlio di Abba”!

Gesù invece manifesta la sua autorità fin dall’inizio dell’interrogatorio. Anziché rispondere pone domande a Pilato: “Dici questo da te, oppure altri te l’hanno detto di me?”; poi si dichiara “re”, ma di un altro mondo, altrimenti i suoi sarebbero intervenuti. Il governatore è dunque davanti a un re, ma quale re? “Sono venuto nel mondo per dare testimonianza alla verità”. Pilato barcolla: come potrebbe processare la verità? Si tira fuori dai guai con una domanda che rimane senza risposta: “Cos’è la verità?”. In realtà la risposta è già stata data: la Verità è là, davanti a lui.

Pilato abbandona quindi Gesù alla volontà popolare e lo consegna ai soldati che si scatenano contro di lui: mai l’uomo è così crudele come quando gli si dà un essere umano di cui può liberamente e impunemente prendersi gioco! Gesù è rivestito di porpora regale, gli si mette una corona in testa, ma di spine, perché lo faccia soffrire, e ci si prosterna dinanzi a lui: “Salve, re dei giudei!”, come si faceva davanti all’imperatore. Non sanno certo di dire la verità.

Finalmente Pilato presenta Gesù alla folla: “Ecco l’uomo”. È proprio lui l’Adam vero, l’Umano per eccellenza, colui che porta in sé l’immagine di Dio e la nostra stessa immagine.

Immagine di Dio: in lui è ricapitolato tutto l’amore e tutta la compassione di Dio, di un Dio che preferisce morire piuttosto di vederci morire o addirittura di vedere morire un bandito criminale.

Immagine nostra pure: ecco davanti a noi la debolezza fisica, la fragilità, l’umiliazione umana, ma anche la forza morale di chi sta in piedi di fronte a tutti, in piedi davanti e grazie a Dio.

fratel Daniel

Fonte

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