Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 10 Luglio 2019

Due storie di guarigione. Due ciechi e un muto indemoniato: esistenze difficili e travagliate, uomini vittime di traumi che segnano disagi quotidiani e relazioni basate sulla segregazione o più semplicemente sull’indifferenza. Eppure questi uomini hanno la forza di reagire: i due ciechi seguono Gesù nei suoi spostamenti ed emettono un grido con la potenza della loro voce: “Figlio di David, abbi pietà di noi!” (v. 27); l’uomo muto, che non può neppure gridare, si affida alla benevole iniziativa di qualcuno, di cui nulla si dice, che lo presenta a Gesù.

“Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore” (Mt 9,36), così abbiamo letto nel vangelo di ieri. Il fatto di vederle stanche e sfinite porta Gesù a concludere che queste folle sono senza pastore. In realtà, di pastori ne avevano e in grande quantità: i romani governavano politicamente quella regione con mano ferma; il Sinedrio, i sacerdoti, gli scribi e i farisei erano le autorità religiose ufficiali che avevano il controllo di tutto. Era dunque un popolo ben inquadrato dal punto di vista politico come religioso, ma era un potere che affatica e indebolisce. 

Gesù vede la condizione delle folle e cosa fa? Chiama dodici dei suoi discepoli e dà loro un altro potere, non per affaticare ma per liberare le persone dallo spirito del male, non per indebolire ma per curare i corpi malati e sofferenti. Quello che Gesù dà ai dodici è il potere messianico di liberazione che è il suo e che dunque può venire solo da lui. È un dono ricevuto e non è una capacità innata dei discepoli e neppure è il risultato di una preparazione intellettuale, il frutto di esperienza o l’esito di un’ascesi. 

Segue l’elenco dei dodici inviati, nome dopo nome. Gesù non sceglie i più illuminati tra le guide d’Israele, i più santi tra i sacerdoti, i più sapienti tra gli scribi o i più giusti tra i farisei. Gesù sceglie invece gente semplice tra i quali dei pescatori di Galilea, un profugo venuto da un paese nemico, un pubblicano cioè uno strozzino collaborazionista, uno zelota che oggi chiameremmo estremista o terrorista. Gesù non chiama i virtuosi, gli integerrimi, i moralmente ineccepibili, dalla vita immacolata e dalla fedina pulita. Gesù preferisce persone del tutto estranee al potere politico e religioso, che non frequentano palazzi e curie, ma al contrario chiama a sé uomini che provengono da quella folla stanca e sfinita. Sì, i suoi inviati li sceglie tra coloro ai quali li invia: gli inviati vivono la stessa vita dei destinatari della loro missione e per questo conoscono dall’interno i loro bisogni, le loro attese, le loro speranze. 

Gesù non manda i suoi a predicare che “il regno dei cieli è vicino” (v. 7) allo sbaraglio, ma dà loro delle consegne chiare e nette che possano guidarli, orientarli e custodirli. Devono essere liberi dal denaro perché l’efficacia della loro profezia non deriva dalle risorse materiali di cui disporranno. Non borse per accumulare perché non devono donare oro e argento ma la fede nel Signore che li ha inviati. Nessuno strumento di viaggio: non i sandali, perché a rendere sicuri e svelti i loro passi sarà la passione per il vangelo; non il bastone perché il compagno di viaggio sarà il bastone al quale appoggiarsi nei giorni di fatica. Per curare gli infermi gli inviati devono dimenticare se stessi e prendersi cura di chi soffre, per risuscitare i morti, i discepoli dispongono dell’unica forza che è la fiducia nella vita, per purificare i lebbrosi devono odiare ogni forma di esclusione e avere il coraggio di toccare la carne del fratello, per scacciare i demoni negli altri, i dodici devono essere stati capaci di sconfiggerli prima di tutto in se stessi. L’annuncio evangelico è risveglio di responsabilità e non dispiegamento di mezzi, è coinvolgimento personale senza alcuna riserva di sé e non impiego di strumenti senza misura, è empatia con l’altro e non attuazione di strategie. 

fratel Goffredo

Fonte

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Rivolgetevi alle pecore perdute della casa d’Israele.

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 10, 1-7

In quel tempo, chiamati a sé i suoi dodici discepoli, Gesù diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità.

I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello; Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, colui che poi lo tradì.

Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino».

Parola del Signore.

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