Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 1 Ottobre 2019

Oggi il vangelo ci annuncia la risolutezza di Gesù nel decidere la sua obbedienza alla volontà del Signore scrutata nelle Scritture sante. E ci mostra la dolorosa fatica del suo avviarsi verso Gerusalemme in questa espressione: “Gesù rese duro il suo volto” (v. 51).

Noi siamo qui testimoni della lotta interiore di Gesù, non diversamente che nelle tentazioni nel deserto. Egli, che si sottometteva per primo a ciò che predicava agli altri, che dunque non insegnò nulla che non facesse lui stesso, dirà subito dopo: “Nessuno che metta mano all’aratro e si volga indietro è adatto per il regno dei cieli” (Lc 9,62). Ed è per questo che Gesù e il vangelo coincidono, che sono per noi la stessa Parola, che il vangelo è la carne di Gesù.

Quel “rese duro il suo volto” dice la risolutezza, la volontà di non venir meno nella lotta interiore che stava combattendo, il suo non voler soccombere alla tentazione della fuga, dell’inventarsi qualcos’altro per sé che non fosse quel sentiero stretto e stritolante che sapeva attendere al varco i profeti a Gerusalemme, come lui stesso dirà quando piangerà su di lei. 

Gesù aveva detto appena prima, quando tutti erano sbalorditi per il suo potere sui demoni: “Il Figlio dell’uomo sarà consegnato nelle mani degli uomini” (Lc 9,44). Perché Gesù sapeva che il potere sui demoni e l’impotenza di chi è gettato in potere degli uomini non si escludono affatto, anzi. Siamo noi che pensiamo che al potere miracoloso ci inchineremmo, grati e devoti e per sempre debitori. E invece no: se in quel potere, come in quello che Gesù esercitava, non c’è inganno né seduzione, se non ci libera dalla nostra responsabilità ma anzi ce la riconsegna intera, noi lo rifiutiamo. 

E contemplando la fatica interiore di Gesù, ascoltiamo la nostra chiamata a decidere di prendere anche noi la nostra croce dietro a lui, accettando di subire come lui il rifiuto. 

E di questa rinnovata decisione di Gesù il primo segno è che accettò di non essere accolto in Samaria senza fare resistenza. Fece come dice di fare ai discepoli di ogni tempo: “Se non vi accolgono in una città, andate in un’altra” (Mt 10,23). Quanto da imparare, anche qui: a non avere pretese, a sapere che il vangelo non ci conferisce mai nessun diritto sui luoghi e sugli altri.

Gesù rimprovera invece i suoi discepoli, desolato della loro sordità alle sue parole. Perché ebbe la misura, o meglio la dismisura della loro, e nostra, incomprensione.

Giacomo e Giovanni, discepoli tra i più vicini a Gesù, sono già dimentichi di tutto ciò che avevano appena ascoltato, compreso l’annuncio che Gesù verrà consegnato nelle mani degli uomini. E proponendo a Gesù di far cadere un fuoco dal cielo come Elia, dimostrano anche di essere del tutto dimentichi che la grandezza di Elia si compì nella sua conversione, quando comprese e ci rivelò per sempre che Dio non è nel fuoco che consuma e nel turbine che terrorizza gli umani, ma nella mitezza e nel silenzio di una parola trattenuta. Gesù rimprovera loro e noi di non ricordare l’appassionata smentita del Dio divoratore, e la rivelazione della mitezza sconvolgente del nostro Dio, che lui ha confermato e compiuto in tutta la sua umanità fino alla sua morte a Gerusalemme.

sorella Maria

Fonte

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Prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 9, 51-56
 
Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé.
Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme.
Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio.

Parola del Signore

 

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