Luis Miguel Bravo Álvarez – Commento al Vangelo del 11 Giugno 2021

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La passione del Signore è compiuta. Il suo Corpo, come spremuto, sottoposto al più crudele dei supplizi, adesso, è un cadavere. Tuttavia,per quanto il suo Cuore abbia finito di battere, le dimostrazioni del suo Amore non sono finite. Resta ancora un’ultima prova. Restano alcune gocce di sangue e acqua: magari proprioi principali simboli della vita. E Gesù non vuol tenerselo, perchè è proprio per darci la vita che ha voluto morire.

I Padri della Chiesa hanno scritto una infinità di bellissime riflessioni sul significato del costato aperto di Cristo, che ci permette di accostarci e contemplare il suo Cuore. Alcuni, come sant’Agostino sottolineeranno che, come Eva nasce dal costato di Adamo, così la Chiesa nasce dal costato di Cristo. È, inoltre, opinione comune dei santi dei primi secoli che quel sangue e quell’acqua sono un chiaro riferimento alla fonte dalla quale sgorgano i sacramenti. E sappiamo da santa Faustina che lo stesso Gesù ha voluto che nell’immagine della Divina Misericordia fossero evidenti due raggi, uno rosso e uno bianco, a rappresentare il sangue e l’acqua del suo Cuore.

È per questo che la solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù ha un significato così importante per i cristiani. Quando facciamo riferimento al cuore di una persona, pensiamo ai suoi affetti, ai suoi sentimenti, al suo modo di amare, però, come ci ricorda san Josemaría, «Quando la Sacra Scrittura parla del cuore, non intende un sentimento passeggero che porta all’emozione o alle lacrime. Parla del cuore — come testimonia lo stesso Gesù — per riferirsi alla persona che si rivolge tutta, anima e corpo, a ciò che considera il suo bene: Perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore (Mt 6, 21)» (È Gesù che passa, n.164).

Quest’ultima frase può essere di aiuto per ritornare a sorprenderci dell’amore di Dio: dove è il tuo tesoro, là è anche il tuo cuore. Pertanto, adesso che stiamo contemplando Cristo crocifisso, mentre dà la vita per noi, con il suo costato aperto e il suo cuore trafitto, possiamo affermare senza timore di sbagliarci: noi siamo il tesoro di Dio.

È davvero significativo che chi dà questa testimonianza sia san Giovanni, lo stesso che si accostò al petto di Gesù nell’Ultima Cena. L’apostolo adolescente ebbe l’opportunità unica di ascoltare i battiti del Cuore di Gesù, che il quell’ora culminante, che pure aveva ardentemente desiderato, saranno stati particolarmente forti. Si può dire in qualche modo che san Giovanni abbia toccato il polso all’amore di Dio, sino al punto di essere testimone del suo ultimo palpito e aver verificato che Gesù visse e mori per darci la vita.

«E noi abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi» (1Gv 4, 16). L’apostolo usa due verbi: conoscere e credere. Sono due indizi che ci possono aiutare fare tesoro della solennità odierna, così seguita dalla pietà popolare della Chiesa. San Giovanni è cosciente di trasmettere qualcosa di sublime, impossibile da esporre con le sole parole, ma in ogni modo ci prova. Perciò, nelle sue lettere, enfatizza in ogni modo possibile che Dio è Amore e, per questo, si impegna a raccontarcelo pienamente, perchè sa che dice il vero, perché anche voi crediate.

Il bisogno più profondo del nostro cuore è conoscere il Sacro Cuore di Gesù per credere nel suo Amore. Chiediamo l’intercessione della Vergine e di san Giovanni i cui cuori battevano all’unisono con quello di Cristo, affinchè non smettiamo mai di stupirci di fronte a questo mistero: che siamonoi il tesoro del Cuore di Dio.


Fonte: La pagina Facebook di “Opus Dei Italia” | Sito Web con tutti i commenti al Vangelo 

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