Lectio divina 7 aprile 2018 – Suore di Casa Raffael

Sabato dell’Ottava di Pasqua (Anno B)

Lectio: Atti degli Apostoli 4, 13 – 21 – Marco 16, 9 – 15  

1) Preghiera

O Padre, che nella tua immensa bontà estendi a tutti i popoli il dono della fede, guarda i tuoi figli di elezione, perché coloro che sono rinati nel Battesimo ricevano la veste candida della vita immortale.

2) Lettura: Atti degli Apostoli 4, 13 – 21

In quei giorni, i capi, gli anziani e gli scribi, vedendo la franchezza di Pietro e di Giovanni e rendendosi conto che erano persone semplici e senza istruzione, rimanevano stupiti e li riconoscevano come quelli che erano stati con Gesù. Vedendo poi in piedi, vicino a loro, l’uomo che era stato guarito, non sapevano che cosa replicare.

Li fecero uscire dal sinedrio e si misero a consultarsi fra loro dicendo: «Che cosa dobbiamo fare a questi uomini? Un segno evidente è avvenuto per opera loro; esso è diventato talmente noto a tutti gli abitanti di Gerusalemme che non possiamo negarlo. Ma perché non si divulghi maggiormente tra il popolo, proibiamo loro con minacce di parlare ancora ad alcuno in quel nome».

Li richiamarono e ordinarono loro di non parlare in alcun modo né di insegnare nel nome di Gesù. Ma Pietro e Giovanni replicarono: «Se sia giusto dinanzi a Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi. Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato».

Quelli allora, dopo averli ulteriormente minacciati, non trovando in che modo poterli punire, li lasciarono andare a causa del popolo, perché tutti glorificavano Dio per l’accaduto.

 3) Riflessione [1]  su Atti degli Apostoli 4, 13 – 21

Li richiamarono e ordinarono loro di non parlare in alcun modo né d’insegnare nel nome di Gesù. Ma Pietro e Giovanni replicarono: “Se sia giusto dinanzi a Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo voi. Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e udito.” – Atti 4, 20-21 – Come vivere questa Parola?

La franchezza il coraggio la fronte alta in situazioni sconvolgenti il tran tran della vita, sono sempre rivelatori di veri uomini, di forte personalità. Così è di Pietro e Giovanni, la cui personalità fu plasmata dal Maestro Gesù.

Qui li vediamo nel duro cimento di rispondere ai capi religiosi d’Israele che, invidiosi dei prodigi che i due apostoli compirono, li interrogano pieni di malevolenza, non solo, la conclusione è quella di emettere un ordine perentorio: non parlare di Gesù e non compiere nulla nel suo nome.

I due seguaci del Signore lo sanno e lo dicono.

Quando c’è attrito tra ciò che è richiesto da Dio e ciò che vogliono da noi gli uomini, è a questi che bisogna disobbedire, mai a Dio. Interessante il fatto che essi aggiungono, con lieve ironia: “giudicatelo voi!”. È sottinteso: voi che siete grandi sapienti della sinagoga!

Stupenda esplosione di fuoco e luce spirituale è quel dire: Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e udito.

Signore Gesù, attraverso la tua Parola i silenzi eucaristici e il bene che ci dai da compiere nel servizio del prossimo, Tu ci fai VEDERE e UDIRE la tua VERITA’ D’AMORE.

Fa’ che mai la copriamo con le nostre paure ma coraggiosamente la proclamiamo, vivendo quello che Tu ci hai insegnato. Oggi-domani-sempre.

Ecco la voce di un famoso scrittore Hermann Hesse: La vita di un uomo puro e generoso è sempre una cosa sacra, da cui si sprigionano forze inaudite che operano anche in lontananza.

  • L’atteggiamento di Pietro e Giovanni ci aiuta a capire quanto può e debba essere chiara la nostra fede. Anche noi dovremmo poter dire: “non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato” (At 4,20).

La riflessione ci introduce nella sostanza del fatto accaduto e ci permette di fare delle constatazioni. La prima constatazione è che questa testimonianza resa da Pietro e Giovanni è certamente sincera e credibile, perché avviene in un contesto di martirio. La testimonianza data a Cristo, potrebbe risultare cosa facile e gratificante in certi casi, laddove il contesto è di accoglienza grata, serena e pacifica, ma qui Pietro e Giovanni sono stati arrestati ed imprigionati appena è trapelata la notizia della guarigione dello storpio (At 4,1ss). Il giorno dopo vengono portati in tribunale davanti alle più alte autorità e quindi intimiditi. Per di più si sono trovati di colpo tra due fuochi: la massa della gente entusiasta da un lato, tutto il sinedrio inferocito dall’altro; mentre lo storpio era davanti a tutti, sano e guarito. La paura di trovarsi davanti al Sinedrio che era il massimo organo di giudizio del Tempio e che comminava dure pene, anche la morte, per gli attentatori della fede tradizionale, avrebbe potuto umanamente mettere a dura prova la fede degli Apostoli in Cristo, inducendoli, terrorizzati, a ritrattare, eppure, dice il testo di Atti, le stesse Autorità “vedendo la franchezza di Pietro e Giovanni e considerando che erano senza istruzione e popolani, rimanevano stupefatti” (At 4,13). Si può dunque affermare che Pietro e Giovanni mostrano che la fede, quando è vera, non si lascia intimidire da niente e da nessuno, fino a stupire anche i persecutori.

Questo stupore conferma la seconda constatazione: la franchezza con cui pubblicamente, davanti alle autorità, Pietro e Giovanni sanno tenere testa alle minacce del tribunale. Qui non si tratta affatto di un coraggio umano. Il testo non vuole affatto porre in risalto la bravura o la forza degli Apostoli; ma che tutto è opera dello Spirito Santo. Tutti sapevano che Pietro e Giovanni “erano senza istruzione e popolani”; e per di più, quasi certamente in molti ricordavano la debolezza di Pietro nella notte del tradimento; Giovanni era più un ragazzo che un uomo adulto essendo il più giovane dei dodici. Ecco perché il testo sottolinea che Pietro rispose “pieno di Spirito Santo”; e nella difesa è apparso così forte ed inattaccabile al punto che gli accusatori “non sapevano cosa rispondere”, per cui “li rilasciarono”.

Gli Apostoli qui fanno una forte esperienza: comincia ad avverarsi quanto avevano ascoltato da Gesù, in particolare nell’ultima cena: “Non sarete voi a parlare, ma parlerà in voi lo Spirito del Padre mio” (Mt 10,20); “Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi. Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto” (Gv 14,26); “Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve l’annuncerà” (Gv 16,14). E, prima di salire al cielo, Gesù aveva di nuovo confermato: “non tocca a voi… avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni…” (At 1,8).

Questa franchezza dei primi Apostoli ha dato coraggio a tanti cristiani lungo i secoli, basti pensare alla lunga catena di Martiri che attraversano come un filo rosso tutta la storia della nostra fede, ed è preziosa anche per noi oggi. La chiarezza che ci rende convinti e fermi nella fede viene da Gesù con la luce e la forza del suo Spirito, non da noi stessi. Certo sono importanti anche gli aiuti umani, dobbiamo collaborare con le nostre forze; c’è la Chiesa che insegna col suo magistero, ma non dimentichiamo mai che Gesù ha detto: “uno solo è il vostro maestro” (Mt 23,8). Sia chiaro per tutti: chi alla fine fa scattare la conversione del cuore è la grazia di Dio e la forza del suo Spirito e non lo sforzo per quanto lodevole dell’uomo. La fede è un dono da accogliere e far fruttificare. Questo vale per ogni cristiano di ogni tempo.

4) Lettura: Vangelo secondo Marco 16, 9 – 15 

Risorto al mattino, il primo giorno dopo il sabato, Gesù apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva scacciato sette demòni. Questa andò ad annunciarlo a quanti erano stati con lui ed erano in lutto e in pianto. Ma essi, udito che era vivo e che era stato visto da lei, non credettero.

Dopo questo, apparve sotto altro aspetto a due di loro, mentre erano in cammino verso la campagna. Anch’essi ritornarono ad annunciarlo agli altri; ma non credettero neppure a loro.

Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura».

 5) Riflessione [2]  sul Vangelo secondo Marco 16, 9 – 15

  • Il Vangelo di san Marco termina con una catechesi sulla fiducia che meritano gli undici apostoli, la cui testimonianza è il fondamento della fede della Chiesa: Gesù stesso li ha chiamati per andare dalla Galilea a Gerusalemme.

Dopo il Venerdì santo, delusi e senza speranza, restano in città. Maria di Magdala che – secondo questo racconto, che fa fede – è stata la prima alla quale il Signore è apparso, spiega loro di che cosa l’ha incaricata il Cristo risuscitato. I due discepoli che il Signore accompagna lungo il cammino verso Emmaus rientrano a Gerusalemme. Tuttavia, essi non li ascoltano, né credono loro. Né la testimonianza della donna, né quella dei due discepoli fa uscire gli apostoli dalla loro afflizione e dai loro lamenti.

È soltanto quando Gesù stesso è vicino a loro e rimprovera loro la mancanza di fiducia nella parola dei suoi testimoni, che i loro cuori e i loro occhi si aprono.

Vedendolo, capiscono che il vangelo di Dio che Gesù aveva predicato, e che diventa la loro missione, ha un avvenire senza fine. Capiscono che la loro missione comprende “il mondo intero” e “la creazione intera”, tutta la comunità dei viventi.

  • Questa andò ad annunciarlo a quanti erano stati con lui ed erano in lutto e in pianto. Ma essi, udito che era vivo e che era stato visto da lei, non credettero.” – Mc 16, 10 – Come vivere questa Parola?

Questa settimana di Pasqua si chiude con le apparizioni del Risorto raccontate da Marco evangelista. Poche parole, asciutte e dirette. Le donne al sepolcro trovano la tomba vuota, vanno, raccontano e nessuno crede loro. Due in campagna dicono di aver visto e parlato con Gesù. Nessuno gli crede. Nessun affidamento viene dato a voci che tra paura ed entusiasmo dicono una cosa desiderabile ed incredibile.

L’esperienza diretta di Gesù risorto metterà gli apostoli nella condizione di non poter più non credere. Egli, apparendo loro, li rimprovera per la loro durezza di cuore. La loro persona non si era aperta all’inedito; dopo tanto tempo trascorso con Gesù, ancora prevaleva in loro il bisogno di ricondurre tutto a ciò che è razionale, comprensibile e definibile. Il nuovo non ha posto. Il Risorto impone di spostare i confini del noto per porli nell’ignoto. Marco al rimprovero di Gesù attacca immediatamente il mandato dell’ascensione: “Andate in tutto il mondo!”.

I confini del noto da scombinare ed evangelizzare non sono solo nella mente degli apostoli: Gesù rompe anche geograficamente il limite che definiva gli undici. E li manda in tutto il mondo. Il nuovo popolo di Dio non sta in Palestina, la terra promessa non è in Medio Oriente, è il mondo intero.

Signore, la resurrezione scombina i nostri orizzonti e nulla è più come prima! Aiutaci a non avere paura di uscire, andare e incontrare Te ai confini del mondo!

Ecco la voce del Catechismo della Chiesa Cattolica: 644 Anche messi davanti alla realtà di Gesù risuscitato, i discepoli dubitano ancora, tanto la cosa appare loro impossibile: credono di vedere un fantasma. «Per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti» (Lc 24,41). Tommaso conobbe la medesima prova del dubbio e, quando vi fu l’ultima apparizione in Galilea riferita da Matteo, «alcuni […] dubitavano» (Mt 28,17). Per questo l’ipotesi secondo cui la risurrezione sarebbe stata un «prodotto» della fede (o della credulità) degli Apostoli non ha fondamento. Al contrario, la loro fede nella risurrezione è nata – sotto l’azione della grazia divina – dall’esperienza diretta della realtà di Gesù risorto.

  • «Andate in tutto il mondo e proclamate il vangelo». – Mc 16,15 – Come vivere questa Parola?

L’evangelista Marco conclude il suo vangelo riassumendo vari episodi riguardanti le apparizioni di Gesù Risorto, riportandone le testimonianze: quella di Maria di Magdala, quella ai discepoli di Emmaus e infine – data l’incredulità e le perplessità dei discepoli – appare agli Undici apostoli: egli si mette a mensa con loro e li rimprovera per la loro durezza di cuore nel non accogliere la verità. Ma alla fine li manda nel mondo per essere annunciatori e testimoni del messaggio evangelico.

Gesù vuole confermare la fede dei suoi discepoli, prima di inviarli a tutti gli uomini: devono essere sicuri e certi della sua risurrezione. Dapprima i discepoli resistono di fronte a questo evento, non credono né alla testimonianza di Maria di Magdala, né ai discepoli di Emmaus, ma quando appare loro Gesù e li rimprovera, accettano e i loro cuori si aprono alla fede: solo quando Gesù è vicino si capisce il vangelo, con gli eventi stupendi ivi raccontati.

Il racconto conclusivo di Marco ci insegna anzitutto che la fede in Gesù risorto deriva dalla testimonianza dei discepoli, inoltre che nessuno si deve scoraggiare di fronte ai dubbi e alle incertezze che possono assalire la nostra mente nelle questioni di fede e infine che per essere inviati come missionari bisogna ricevere questo compito da Gesù, che attraverso la Chiesa, le circostanze della vita, i consigli di persone sagge, ci rende coscienti del nostro impegno prioritario come cristiani di diffondere il vangelo del risorto.

Signore, ravviva in noi la volontà di accettare la tua risurrezione e di esserne testimoni, superando dubbi e incertezze.

Ecco la voce di un poeta: Hardy Tentale (Pasqua): «È risorto Gesù! / Lo puoi trovare ora / In ogni uomo: / in chi soffre e lotta / per la libertà, / in chi soffre e lotta / per difendere la pace / nell’amico / che ti stringe la mano, / in chi cerca / l’amore degli uomini».

6) Per un confronto personale

  • Maria Maddalena, i due discepoli di Emmaus e gli undici discepoli: chi di loro ebbe maggiore difficoltà nel credere alla risurrezione? Perché? Con chi di loro mi identifico?
  • Quali sono i segnali che più convincono le persone della presenza di Gesù in mezzo a noi?

7) Preghiera finale: Salmo 117

Ti rendo grazie, Signore, perché mi hai risposto.

Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
Mia forza e mio canto è il Signore,

egli è stato la mia salvezza.

Grida di giubilo e di vittoria nelle tende dei giusti:
la destra del Signore ha fatto prodezze. 

La destra del Signore si è innalzata,
la destra del Signore ha fatto prodezze.
Non morirò, ma resterò in vita
e annuncerò le opere del Signore.
Il Signore mi ha castigato duramente,
ma non mi ha consegnato alla morte.

Apritemi le porte della giustizia:
vi entrerò per ringraziare il Signore.
È questa la porta del Signore:
per essa entrano i giusti.

Ti rendo grazie, perché mi hai risposto,
perché sei stato la mia salvezza.

Suore di Casa Raffael

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