Il Vangelo del Giorno, 18 settembre 2017 – Lc 7, 1-10

Il testo ed il commento al Vangelo del 18 Settembre 2017 su Lc 7, 1-10

XXIV Settimana del Tempo Ordinario – Anno I

  • Colore liturgico: Verde
  • Periodo: Lunedì
  • Il Santo di oggi: S. Giuseppe da Copertino; S. Eustorgio; S. Arianna
  • Ritornello al Salmo Responsoriale: Sia benedetto il Signore, che ha dato ascolto alla voce della mia supplica.
  • Letture del giorno: 1 Tm 2, 1-8; Sal.27; Lc 7, 1-10
  • Calendario Liturgico di Settembre

Lc 7, 1-10
Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù, quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafàrnao.
Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l’aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede – dicevano –, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga».
Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito. Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa».
All’udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

Commento al Vangelo del giorno – Lc 7, 1-10

A cura dei Monaci Benedettini

Uno straniero diventa maestro di fede e di preghiera.

L’implorare dall’Alto, il chiedere aiuto a chi è più potente di noi quando costatiamo la nostra impotenza dinanzi alle difficoltà della vita è un fatto spontaneo, ma non significa con ciò che abbiamo ancora imparato l’arte sublime della preghiera. Il centurione del Vangelo di oggi è mosso da un affetto verso un suo servo che è in pericolo di vita. È raro che i padroni amino i servi e si preoccupino della loro vita.

I rimedi umani hanno esaurito le proprie risorse, il servo sta per morire, egli però ha sentito parlare di Gesù, evidentemente è venuto a conoscenza della forza di salvezza che emana dal Signore, ne ha percepito la grandezza dato che egli si sente indegno di riceverlo sotto il suo tetto e perfino di comparire alla sua presenza. E’ animato però da una grande fiducia e da una profonda umiltà. Egli afferma senza ombra di dubbio che basta che Gesù pronunci una sua parola e il suo servo sarà guarito. Gesù non pronuncia parole o formule di guarigione, tesse soltanto un grande elogio della fede del centurione: «neanche in Israele ho trovato una fede così grande!».

Il miracolo però è già avvenuto. Lo costatano gli inviati al loro ritorno. Per pregare bene dobbiamo quindi essere animati dall’amore verso Dio e verso il prossimo, dobbiamo riconoscere umilmente la nostra estrema povertà, dobbiamo soprattutto nutrire una fede profonda nella potenza di Dio e nella sua volontà di liberarci da ogni male. Facciamo quel che possiamo fare.

Il resto farà la grazia di Dio.

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