Giovani di Parola – Commento al Vangelo del 25 Febbraio 2021

Chiedere è innanzitutto un atto di umiltà, significa riconoscere che solo con le nostre forze non siamo in grado di affrontare le difficoltà della vita. Quindi, per andare avanti, abbiamo bisogno dell’aiuto di Dio, il quale come un buon padre che conosce ciascuno dei suoi figli sa bene cosa ci manca, ma preferisce aspettare che siamo noi a chiedere.

In piena libertà, infatti, deve maturare nel cuore della sua creatura la consapevolezza di non poter fare a meno dell’amore infinito del Padre. Perché, allora, spesso non vediamo esaudite le nostre preghiere? Forse perché non formuliamo la nostra richiesta come se ci stessimo rivolgendo ad un padre, ma come se parlassimo ad un factotum, ad un “genio della lampada”.

Oppure perché ciò che chiediamo non è il nostro bene. La terapia, che guarisce una ferita o una malattia, spesso è amara e, a volte, persino dolorosa. La sperimentazione dello stato di necessità e di debolezza poi ci deve aiutare a “farci prossimo” di tutti coloro che attraversano le nostre stesse difficoltà.


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