Gesuiti – Commento al Vangelo del giorno, 12 Maggio 2020

In questi giorni stiamo rileggendo il discorso che il Signore fa ai discepoli prima della Passione, un discorso d’addio – e quando una persona a cui si vuole bene se ne va, è normale essere tristi, turbati, sorge un sentimento di malinconia, di assenza di qualcosa che, si sa, non ritornerà più.

Se la persona che si lascia, però, è amata, si sa che quell’amore vissuto insieme perdura nel cuore di entrambi, lascia un segno positivo che supera il tempo, come se rimanesse per sempre qualcosa. E già questo è fonte di una gioia che è più forte della malinconia.

I distacchi non sono di certo semplici, ma fanno un po’ parte della vita. Il Signore sa quello che deve accadere, ma si preoccupa di lasciare un esempio e delle parole di consolazione per i suoi discepoli. Ma, soprattutto, sa che la sua morte non avrà l’ultima parola, perché ha fede in quel padre della Vita verso il quale ha vissuto sempre in obbedienza e che ora non può lasciarlo solo.

Anche dopo la Resurrezione il Signore non lascerà a sua volta soli i discepoli, ma si farà presente tramite lo Spirito, come fa con noi oggi. Promette di starci vicino nel cammino della vita, di riempirla d’Amore e di farci sperimentare quella gioia della Resurrezione che Lui stesso ha provato. Come? Tramite l’incontro con Lui nella preghiera, nella comunità e nell’Eucarestia. Noi stessi diventiamo portatori dei segni della sua presenza nel mondo. La malinconia perde senso, perché l’Amore che Lui ci ha lasciato, tramite lo Spirito, è più grande di tutto.

Daniele Ferron SJ


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