Gesuiti – Commento al Vangelo del 2 Febbraio 2019

La risposta a chi aspetta la consolazione di Israele è un bambino: un cucciolo di uomo è segno di speranza, sempre.

Il suo sguardo, la sua pelle, il suo profumo… tutto del neonato ci riporta a quella sensazione di innocenza pura di cui sentiamo una profonda nostalgia. Perché in fondo anche noi siamo stati così da piccoli. È una condizione che abbiamo abitato, data a priori – un dono – anche se non abbiamo potuto verbalizzarla ma soltanto viverla come sensazione.

Nel vedere un bimbo, ci accorgiamo inaspettatamente che quel candore abita ancora dentro di noi. Non si è dileguato, è ancora lì vitale, dentro il nostro cuore. E proviamo quello stupore che prende la forma di una speranza: come sarebbe bello poter abitare il mondo in quel modo!

Ma non è così facile trasformare quella sensazione in vita vissuta. Troppe volte quella bontà spontanea è stata avvilita, umiliata, maltrattata. Ci provoca imbarazzo lasciarla intravvedere dal di fuori, perché abbiamo la sensazione di sembrare fragili, deboli, infantili. Sentiamo l’esigenza di difenderla, ma nel farlo la isoliamo, la releghiamo in un angolo buio della nostra interiorità e finiamo per dimenticarla.

Eppure, ci sono alcuni che invecchiano bene, semplicemente perché sanno vedere e riconoscere dentro di sé quel dono gratuito. Vivono la loro vita lasciando emergere quella bontà per donarla agli altri, senza vergogna. Li riconosci perché nei loro occhi brilla quell’umanità che permette a chi gli sta intorno di rispecchiarsi e ritrovarsi. È così che diventiamo consapevoli di essere scrigni preziosi che custodiscono la bellezza che siamo.

Flavio Emanuele Bottaro SJ

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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato secondo il metodo della spiritualità ignaziana, disponibile anche tramite la loro newsletter quotidiana.[/box]

Lc 2, 22-40
Dal Vangelo secondo Luca

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore.
Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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