Fabrizio Morello – Commento al Vangelo del giorno, 22 Marzo 2020 – Gv 9, 1-41

La parabola del “ cieco nato “, che la liturgia ci propone quest’anno nella quarta Domenica di Quaresima, è talmente ricca di spunti di riflessione per la nostra vita spirituale che ci vorrebbero giorni per poterla meditare per intero.

Soffermerei allora l’attenzione, in questa mia riflessione, sul percorso di “ guarigione “ del cieco, che lo porta, a mano a mano, ad acquistare la piena libertà interiore.

Il tutto per poi confrontare il suo “ percorso evolutivo “ con quello “ statico “ degli altri personaggi del racconto.

“ Uomo “, “ Profeta “, “ Signore “ sono le tre parole che scandiscono il cammino del cieco.

Quando viene interrogato per la prima volta e gli viene chiesto chi gli avesse ridato la vista risponde: “ L’ uomo che si chiama Gesu’ “.

E’ la prima tappa: Gesu’ viene considerato un “ brav’ uomo “.

Quando, poi, i farisei, dopo una disputa tra loro, gli chiedono: “ Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi? “, risponde: “ È un profeta “.

E’ la seconda tappa: Gesu’ non è più solo un uomo ma un profeta, un uomo di Dio, etimologicamente un “ uomo che parla per/al posto di Dio “.

Quando, infine, dopo essere stato cacciato dai farisei, è Gesu’ stesso a rivelargli di essere “ il Figlio dell’uomo “ e a porgli la domanda: “ Tu credi nel Figlio dell’uomo? “, egli risponde: “ Credo, Signore “.

E’ la terza tappa: Crede in Gesu’ ed ha riconosciuto in lui il Signore della sua vita, il suo Salvatore.

Il percorso è concluso.

E’ un uomo completamente libero interiormente.

Il percorso del cieco è quello della “ guarigione del cuore “, che siamo chiamati a fare tutti noi.

All’inizio sentiamo parlare di Gesu’ come di un uomo che ha fatto del bene.

La figura umana ci attrae, ci affascina, ci incuriosisce…ma non può la nostra fede fermarsi all’umano di Gesu’ in quanto, se cosi’ fosse, Cristo non sarebbe nulla più di tanti altri grandi uomini, filantropi, santi, che hanno attraversato la storia.

Il nostro percorso, pertanto, deve partire dall’uomo Gesu’ per poi riconoscere in lui un profeta, uno che “ parla per/al posto di Dio “, che ci istruisce sul presente della nostra vita per darle un futuro di felicità.

Riconoscere in lui un profeta già ci rende fortemente liberi, capaci di fare delle scelte forti, anche socialmente pericolose, cosi’ come fa il cieco che, interrogato dai farisei, quasi li irride ( “ volete forse diventare anche voi suoi discepoli? “ ) per poi inchiodarli dinanzi all’evidenza ( “ Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla “ ).

Qual è la conseguenza di questa libertà interiore?

Essere insultati ed emarginati ( “ I farisei gli replicarono : «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori. ).

Dobbiamo pertanto essere consapevoli che il percorso di “ guarigione “, che ci porta a non far più scelte di comodo, a non scendere a compromessi, ma a prendere posizioni nette, dettate dalla Parola, in tutte le situazioni della nostra vita, ci condurrà ad essere sbeffeggiati, insultati, quasi cacciati dal contesto sociale, schiacciato sul “ pensiero unico “ che non accetta i profeti, cioè coloro che sono liberi, e, quindi, pericolosi per il sistema.

Riconoscere Gesu’ come profeta è quindi un passo importantissimo ma…manca ancora un ulteriore step.

Riconoscere che lui è il Signore della nostra vita, il nostro Salvatore, non solo colui che “ parla al posto di Dio “ ma Dio stesso.

Solo se facciamo questo ulteriore passo non ci peseranno gli insulti, gli isolamenti, le minacce che ci arriveranno dal mondo, perché saremo consapevoli che, adempiendo al comandamento nuovo che lui ci ha potato con la sua venuta ( “ Credi in me “ ), non dobbiamo temere nulla perché lui è con noi.

“ Non temere “.

Quest’espressione è ripetuta nella Bibbia 365 volte….è come se il Signore, ogni giorno dei 365 di cui si compone l’anno, ci fosse vicino e ci ricordasse di non aver paura perché lui è con noi.

Questo è il cammino interiore che auspico a me e a tutti quanti voi.

Mi/vi auguro sempre un cammino, perché, se ci si ferma, ci si trasforma in uno degli altri personaggi che incontriamo nel Vangelo di oggi.

La gente.

La gente non fa un passo, è nella completa stasi interiore, è distratta, assente, indifferente, talmente presa dal suo vano fare che non si accorge delle meraviglie che le accadono intorno.

Coloro i quali erano “ vicini “ al cieco, dopo che il Signore lo ebbe guarito, non si accorsero neppure della guarigione, arrivando a dire che colui il quale ci vedeva non era il cieco ma uno che “ gli assomiglia “.

E allora…attenzione a non essere come la gente, indifferente a tutto.

Se il nostro cuore vive nell’indifferenza, scuotiamoci e mettiamoci in cammino.

I genitori del cieco.

Neanche loro sono liberi. Hanno paura del potere, non vogliono compromettersi, esporsi, demandano ad altri, non assumono posizioni ( “ come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé. Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga “ ).

Se la paura, il compromesso, dominano la nostra vita, non possiamo proseguire nel percorso di guarigione.

I farisei

Sono i più schiavi di tutti.

La loro arroganza, la loro presunzione di essere i migliori, i depositari della verità, li porta a non riconoscere l’evidenza, l’effettuazione del miracolo da parte di Gesu’.

E allora mettono in moto la “ macchina del fango “: è un peccatore, ha fatto il miracolo di Sabato trasgredendo la legge.

Sono completamente morti dentro; le loro “ buone pratiche “ non li hanno minimamente resi umani e non riescono ad essere felici per l’uomo guarito, cercando solo pretesti per accusare Gesu’.

Sono loro, in definitiva, i più ciechi di tutti, e Gesu’ prova a farglielo capire dicendo loro: “ Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane “.

Sta dicendo cioè loro che se non riconoscono il loro peccato di presunzione ( “ Noi vediamo “ ) non potranno mai comprendere di essere bisognosi di perdono e di aver necessità di iniziare un cammino di conversione.

E allora, per noi tutti, un esercizio finale.

Poniamoci due domande e proviamo, dopo aver meditato sul brano, a rispondervi:

  1. in quale dei personaggi della parabola, nella nostra condizione attuale, ci riconosciamo di più ( la gente, i genitori del cieco, i farisei, il cieco )?

  2. mi sento “ interiormente libero “ ?

Buona Domenica e…buona meditazione a tutti.

Vangelo di oggi, in continuità con quello di ieri, ci consente di comprendere pienamente quali siano gli atteggiamenti e il modo di pensare dell’uomo religioso rispetto all’uomo di fede.

Gesu’ pone in parallelo la preghiera del fariseo e quella del pubblicano.

Ora, noi lettori della Parola sappiamo tutti che i farisei erano i “ buoni “, coloro i quali “ osservavano tutte le regole “, “ pregavano durante tutta la giornata “ e adempivano ai loro doveri civili, pagando “ le decime “ di quello che possedevano.

I pubblicani, invece, erano i “ cattivi “, coloro i quali riscuotevano le tasse per l’oppressore romano…facendoci pure la cresta sopra!!!

Puo’ mai essere che è il “ pubblicano “ ad essere giustificato e non il “ fariseo “?

Sembra un assurdo.

E, invece, la risposta a questo paradosso nasce dalla prima frase del Vangelo di oggi, in cui leggesi che il Signore dice questa parabola “ per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri “.

Ecco il problema del fariseo: ha l’intima presunzione di essere giusto.

Intimo significa profondo, radicato, interno.

E cos’ è la cosa più intima?

Il cuore.

Il cuore del fariseo è quindi pieno di presunzione, dalla quale nascono “ il disprezzo degli altri “ e “ l’esaltazione del proprio io “, che lo inducono a “ ringraziare “ il Signore non dei doni ricevuti ma per “ non essere come gli altri uomini e nemmeno come il pubblicano “.

Ecco quali sono le conseguenze dell’essere un uomo religioso: si seguono le norme, le regole, e, soprattutto, si prega non perché si comprende che in questo modo si crea una relazione con il Padre celeste, da cui nasce l’assunzione del suo agire, connotato da amore e misericordia, ma per sentirsi “ bello “, “ pulito “, “ meritevole “ dinanzi a lui.

In questo modo, però, si finisce per perdere completamente di vista l’essenziale, per sprecare la propria vita e per sentirsi dire, al momento del giudizio finale: “ Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli “ ( Mt, 25,41 ).

Il pubblicano, diversamente dal fariseo, assume un atteggiamento di umiltà.

Sa di aver commesso molti peccati, tanto è vero che si ferma “ lontano “ dal tempio e “ non osava neppure alzare gli occhi verso il cielo “ ( il fariseo arriva fino al tempio e stava diritto ), riconosce il proprio niente e si scioglie recitando la famosissima preghiera del cuore: “ O Dio, abbi pietà di me, peccatore “.

Il pubblicano, rispetto al fariseo, non è pieno di se e, quindi, affida il suo niente a Dio, conscio che l’unica cosa che può fare è chiedere pietà per i suoi errori.

E questo atteggiamento di umiltà lo porterà ad essere giustificato.

E a me, a te, a noi, cosa mi/ci dice questa parabola?

Interroga il tuo cuore, è li’ la tua verità.

Se riconosci la tua miseria, i tuoi tanti peccati, bene, pentiti, portali a Dio, impegnati a non ripeterli e, stai certo, lui avrà pietà di te e “ sarai giustificato “.

Se, invece, sei pieno di te, ti ritieni giusto, fermati, fai un esame di coscienza e prendi atto che anche tu sei un peccatore bisognevole, come tutti, di perdono.

Torna in te e chiedi a Dio “ abbi pietà di me “.

E allora anche tu sarai giustificato, perché il Signore sta aspettando il tuo ritorno, sta aspettando che tu lo conosca intimamente e che lo ami nei fratelli.

Il tutto come ci dicono le meravigliose parole della prima lettura di oggi, tratta dal libro del profeta Osea, un cui stralcio vi lascio come ristoro del cuore per questa giornata: “ Venite, ritorniamo al Signore:……Affrettiamoci a conoscere il Signore, la sua venuta è sicura come l’aurora..poiché voglio l’amore e non il sacrificio, la conoscenza di Dio più degli olocàusti “.


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