Fabrizio Morello – Commento al Vangelo del giorno, 18 Ottobre 2020

In questa Domenica ci viene proposto un Vangelo “ molto noto “ in quanto da esso è tratto un modo di dire molto usato, “ rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio “.

Andiamo però a vedere perché Gesu’ pronuncia questa frase e cosa vuole con essa insegnarci.

Il testo inizia con la seguente espressione: “ in quel tempo i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere Gesu’ in fallo nei suoi discorsi “.

Più volte, nei Vangeli, si rinvengono domande poste dai farisei a Gesu’ “ per metterlo alla prova “, “ per farlo contraddire “, il tutto per trovare un pretesto per accusarlo davanti alla folla, che, invece, gli riconosce “ autorità “.

Il primo insegnamento che si trae dalla odierna parabola è quello di fuggire da un “ atteggiamento farisaico “, cioè da “ perfettino “ che presume di “ sapere tutto “ e che, non sopportando chi parla con “ verità “, deve trovare il modo per cercar di far cadere quest’ultimo in contraddizione.

Che brutta testimonianza cristiana.

Se ci rivediamo in questo modo di agire dobbiamo riconoscere di essere “ ipocriti “, cioè falsi, doppi, uomini che tendono tranelli agli altri e non che si mettono in ascolto di chi, veramente, ha “ autorità “.

Abbiamo una sola scelta: convertirci.

Il tutto partendo da una considerazione: è inutile tentare chi è autentico perché questi sa sempre cosa rispondere ai tranelli poichè, ponendo Cristo al centro della sua vita, fornirà a tutte le domande che gli verranno poste risposte tratte dagli insegnamenti da lui appresi dalla Scrittura, le quali, pertanto, saranno sempre veritiere e mai contraddittorie.

Gesu’, il più autentico degli autentici, vivendo pienamente cio’ che insegna, fornisce questa meravigliosa risposta: “ Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio “.

In altre parole dice Cristo: “ siate buoni cittadini e buoni cristiani, siate autentici come me “.

Un uomo che non si comporta da buon cittadino, non pagando le tasse, imbrogliando, sottopagando i dipendenti, non potrà mai essere un buon cristiano ma potrà, al massimo, vivere un “ cristianesimo da vetrina “, falso, ipocrita basato solo su comportamenti esteriori privi di ogni corrispondenza con il suo vero essere.

Un buon cittadino può essere invece un buon cristiano.

Certo può restare anche solo un buon cittadino, se vuole condurre la sua vita esclusivamente in una “ dimensione orizzontale “, ma, anche cosi’, sarà, inconsapevolmente, più cristiano di chi si professa solo tale.

Se, poi, all’essere buon cittadino aggiunge anche il “ quid pluris “ della fede, sarà un uomo “ autentico “ che potrà testimoniare ai fratelli la bellezza di vivere una vita in Cristo.

Non tentiamo, quindi, il Signore, ma convertiamoci e viviamo una vita da buoni cittadini e da buoni cristiani.

Buona Domenica e buona riflessione a tutti.


A cura di Fabrizio Morello

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