don Vincenzo Marinelli – Commento al Vangelo del 9 Marzo 2020 – Lc 6, 36-38

“Non giudicate e non sarete giudicati”

È inevitabile farsi un’idea degli altri, del loro modo di fare e degli ambienti in cui si spende gran parte del proprio tempo. La mente elabora degli schemi, sintetizza le informazioni “automaticamente” per accelerare i processi e non dover ogni volta ricominciare da zero. Ma non è questo il giudizio a cui si riferisce Gesù. È quel modo di fare che induce a credere di poter conoscere quasi con certezza “matematica” le intenzioni per cui l’altro ha compiuto un’azione, ma prima ancora di aver avuto un confronto.

Il giudizio poi facilmente passa dall’azione del momento a giudicare tutto il suo essere. Si passa dal “tu hai fatto questo perchè (presumendo già di saperlo)” al “tu fai sempre/no fai mai…”, per giungere al “tu sei..”. Chi giudica si serve in modo errato di un processo umano di per sè funzionale alla convivenza comune, ma solo per le situazioni ordinarie e pacifiche.

Quando invece ci sono difficoltà nel comprendere l’agire dell’altro, la prima cosa da fare è sospendere il giudizio, cogliere innanzitutto le ragioni immediate, legate alla circostanza, e prendersi del tempo per individuare quelle più profonde.

Se giudichi non solo hai già definito l’altro, ma hai anche ingabbiato te stesso nel modo con cui ti relazionerai in avvenire con lui. È proprio così che vuoi trattare la tua libertà e la tua capacità di amare? Vuoi tenerle frenate dal tuo giudizio?

In breve

Il giudizio crea una barriera tra te e l’altro che ti tiene a distanza pur stando vicino, che inibisce la tua libertà e tiene a freno la tua capacità di amare. Il giudizio fà più male a te che giudichi che a chi lo subisce.

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