don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 28 Aprile 2020

L’opera di Dio è sì alla vita senza se

Martedì della III settimana di Pasqua

Gesù, a coloro che gli chiedono quale siano le opere di Dio da compiere, replica dicendo che credere in Colui che Egli ha mandato è opera di Dio. La fede è il frutto dell’opera di Dio, infatti san Paolo afferma: «Nessuno può dire: «Gesù è Signore!», se non sotto l’azione dello Spirito Santo» (1Cor 12,3). 

La folla intende la fede come un atto della propria volontà conseguente alla visione di un segno che la convinca. Gesù ha compiuto dei segni, ma non sono stati visti, cioè non sono stati riconosciuti come linguaggio dell’amore di Dio. La gente che ragiona con la pancia vede e codifica la realtà in base all’utile. Il criterio dell’utilità riconosce l’esistenza e il valore dell’altro solo in base al guadagno, altrimenti viene scartato. L’opera di Dio è modello per le opere dell’uomo. Il principio ispiratore dell’opera di Dio è l’amore che è solo sì alla vita, senza se. Dio non chiede garanzie, ma da il suo Spirito affinché noi possiamo amarlo e avere fiducia in Lui.

Come Mosè, anche Gesù incontra la resistenza del suo popolo. Mosè, cresciuto nella casa del faraone, non aveva dimenticato il suo popolo ma, al contrario, soffriva per le prevaricazioni che subiva. Un giorno volle ergersi a giudice e, per salvare la vita ad un ebreo malmenato da un soldato, diede la morte al militare. Il giorno dopo volle dirimere la lite tra due ebrei, ma uno dei due lo accusò di omicidio e iniziò anche per lui la persecuzione e la conseguente fuga. Anche quando Dio mandò Mosè verso il suo popolo per liberarlo dalla schiavitù si ribellarono sfogando contro di lui la rabbia accusandolo di essere la causa dell’inasprimento del cuore del Faraone. Ancora durante il cammino del deserto Mosè fu il bersaglio delle mormorazioni e delle critiche della gente che puntualmente dimenticava i segni compiuti per mezzo di Mosè. 

L’avidità accorcia la memoria del cuore e lo rende sempre più ansioso. «Dacci questo pane, sempre»: L’ansia di avere il pane del cielo è cosa diversa dall’inquietudine dell’amore di cui parla s. Agostino. Il desiderio dello Spirito spinge a cercare e trovare il Signore, mentre l’ansia è generata dalla voglia della “pancia” di colmare il suo continuo bisogno di soddisfazioni. 

Gesù è il pane del cielo che è dato non tanto per soddisfare i bisogni terreni, ma perché noi possiamo credere e compiere la stessa opera di Dio: fare nella nostra vita un dono! 

Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore! 


Commento a cura di don Pasquale Giordano
FonteMater Ecclesiae Bernalda
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