don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 26 Settembre 2020

Il cristiano non è “serfista” ma “sommozzatore” per scandagliare le profondità dell’umano

Sabato della XXV settimana del Tempo Ordinario 

Gesù sembra smorzare i facili entusiasmi dei discepoli che, galvanizzati dalle espressioni di ammirazione della folla che aveva assistito ai miracoli di Gesù, già coltivano sogni di gloria. La mente corre avanti sognando scenari esaltanti che rischiano di farli allontanarei dalla realtà, soprattutto quella difficile che vivono le persone più fragili. Nel cuore degli uomini spesso si affollano parole ingannevoli perché illusorie che invitano ad esorcizzare la sofferenza per inseguire velleità e ideali mondani. 

Gesù, al contrario, non alimenta illusioni ma invita a pensare, cioè ad avere uno sguardo contemplativo e compassionevole verso l’uomo. La parola che Gesù offre permette di assumere il punto di vista di Dio che, per amore degli uomini, consegna il proprio figlio nelle loro mani. Se la mente dell’uomo è attratta dalle luci della ribalta, dalle lusinghe del piacere, dalla brama di ricchezza, Dio ragiona col cuore perché vive in funzione del bene dei suoi figli.

La paura che si affaccia nell’animo turbato dei discepoli, nasce dalla prospettiva del cambiamento e soprattutto dell’abbandono di punti di vista ristretti, del modo di pensare giudicante, dei criteri di valutazione basati sul principio dell’utile personale e dello stile di vita che esalta il piacere a discapito del sacrificio. Seguire Gesù significa accettare di percorrere una via di conversione del cuore, guidati dalla Parola di Dio, anche quando è difficile da “masticare”. Il timore di approfondire le parole scomode di Gesù allarga il divario tra lui e suoi discepoli. Tuttavia, anche se scossi, essi non abbandonano il cammino. 

Nella vita sono molte le cose che vengono a turbare la nostra serenità e a scuotere le fondamenta della nostra vita. Ci sono domande che ci portiamo dentro e che non esterniamo per paura di essere giudicati. Dio conosce le nostre inquietudini alle quali non risponde immediatamente ma ci offre tempi e modi per trovare nelle esperienze di carità fraterna, di prossimità affettuosa, di perdono e di consolazione, la ragione ultima della sofferenza. Dio fa del dolore il luogo nel quale salva l’uomo e gli restituisce la dignità e con essa la gioia di vivere, la forza di perdonare, il coraggio di andare fino in fondo nelle relazioni umane senza lasciarsi vincere dalla disperazione. 

Il discepolo di Cristo non può essere “serfista” che scivola rimanendo sulla cresta dell’onda, ma un sommozzatore che scandaglia i fondali dell’umano, soprattutto il proprio, per riallacciare dalle origini la relazione con Dio e con i fratelli.

Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!


Commento a cura di don Pasquale Giordano
FonteMater Ecclesiae Bernalda
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