don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 24 Aprile 2020

Pasqua, istruzioni per sconfiggere la povertà e vivere la libertà

Venerdì della II settimana di Pasqua

«Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei». L’ annotazione dell’evangelista è la chiave di lettura del resto del racconto perché collega l’evento della moltiplicazione dei pani e dei pesci alla celebrazione della Pasqua ebraica e al contempo a quella cristiana. Come il popolo d’Israele ha fatto Pasqua passando attraverso il Mar Rosso, così Gesù passa all’altra riva del mare di Galilea; come Mosè sale sul monte Sinai per ricevere la Legge, così Gesù sale sul monte e ivi si siede per dare la Torah, cioè l’insegnamento ai suoi discepoli. Oggetto dell’insegnamento ai discepoli è il modo di celebrare la Pasqua o meglio diremmo il modo di vivere da uomini e donne pasquali.  

Gesù alza gli occhi verso la folla che viene verso di lui. L’ insegnamento parte dall’osservazione della realtà perché quella di Dio è una risposta alla domanda dell’uomo. La folla lo segue perché ha visto i segni compiuti sugli infermi e riconosce in lui una vera possibilità di salute e di salvezza. Noi, i discepoli di Gesù che siamo attorno a lui per ascoltarlo, abbiamo consapevolezza di questo bisogno che alberga nel cuore. Perché seguiamo Gesù e ci diciamo cristiani, suoi discepoli? Cosa ci attendiamo da Lui? Sentiamo anche noi il bisogno di essere sanati e salvati? Lo sguardo di Gesù non è dall’alto in basso, ma dal basso in alto, come quello del servo verso il suo padrone. Guardare dal basso vuol dire avere uno sguardo umile e compassionevole e non giudicante. Uno sguardo tale non fa distrarre il pensiero in artificiosi e vani ragionamenti, ma arriva subito all’essenziale, coglie immediatamente il bisogno più importante. Uno sguardo d’amore vede il cuore dell’altro.

«Dove potremo comprare il pane perché possano mangiare?». La domanda del Maestro a Filippo, chiaramente provocatoria, ci induce a riflettere sul modo con cui affrontiamo il problema della povertà che è strettamente legato a quello della libertà. Se Pasqua è sinonimo di liberazione vuol dire che essa è veramente compiuta quando sarà sconfitta la povertà. Con quali strumenti la possiamo affrontare? La lotta contro la povertà è il compito specifico di qualcuno che viene incaricato per questo? Il discepolo di Cristo è chiamato a dare una risposta in prima persona. La domanda di Gesù suggerisce ancora un altro interrogativo: il pane da mangiare, condizione per vivere, si compra da qualcuno o dove si può trovare? Dove attingere la forza per vivere e andare avanti? 

Filippo e Andrea fanno notare quanto sia insufficiente e fallimentare una risposta che si basi sul criterio della quantità. Infatti, né l’offerta dei duecento denari di pane, né quella dei cinque pani d’orzo e i due pesci del ragazzo possono essere una risposta giusta per soddisfare tutti. 

Quale dunque la risposta adeguata? Gesù offre un insegnamento attraverso dei gesti perché il suo magistero non è l’esposizione di una teoria, ma è un vero evento, cioè un’esperienza che segna la vita. I gesti e le parole di Gesù sono legge da scrivere nel cuore e da tradurre in stile ordinario di vita. 

Tutti devono sedere perché ogni persona è destinatario di questo insegnamento che ha il potere di saziare il desiderio di vita che alberga nel cuore di ciascuno e così renderlo veramente libero. 

Prendere, rendere grazie e dare sono tre gesti semplici, direi domestici, ma fondamentali perché sono la struttura portante della vita, quella cristiana in particolare. La novità dell’insegnamento di Gesù sta nel rendimento di grazie, cioè nell’eucaristia. Gesù accoglie con gratitudine il pane e i pesci e con gratuità li da. Prendere con gratitudine significa non esigere, non pretendere, non arraffare, non rubare, ma accogliere come un dono. Dare con gratuità vuol dire essere responsabili, condividere, non trattenere per sé, non abusare, non speculare. 

Nella sua Pasqua Gesù ha lottato contro la morte la cui ombra si stende sulle tante povertà di cui l’uomo è affetto. Egli ci chiede di lottare insieme con Lui con l’arma dell’amore. Esso è l’unico strumento per vincere contro la povertà ed essere veramente liberi. La Carità di Cristo non è un vago sentimento né una dottrina teorica, ma è vita concreta, nutrimento essenziale per la nostra esistenza. La Carità del cristiano è il suo stile di vita ordinario che si attua in ogni luogo o condizione nella quale si trova. La Pasqua di Cristo non è un evento del passato che si ricorda con dei riti annuali. Essa è un evento sempre attuale sia nella liturgia, allorché ci sediamo attorno a Lui per ricevere il pane che sazia la nostra povertà, sia nella vita quotidiana quando siamo interpellati dalla povertà dei fratelli, soprattutto quelli che rischiano di perdersi. Il cristiano ricorda la missione affidata: «raccogliete … perché nulla vada perduto». Dal Signore non abbiamo ricevuto né tanto né poco, ma tutto. Con gratitudine riceviamo la grazia di Gesù, con amorevolezza accogliamo coloro che bussano alla nostra porta, con gratuità e gentilezza doniamo quello che noi stessi abbiamo ricevuto, perché nessuno vada perduto, ma abbia la vita eterna.     

Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore. 


Commento a cura di don Pasquale Giordano
FonteMater Ecclesiae Bernalda
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