don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 19 Maggio 2020

Il “dramma” e la “grazia” del lasciar andare

Martedì della VI settimana di Pasqua

At 16,22-34   Sal 137    

Nel «discorso dell’arrivederci» che Gesù rivolge ai discepoli parla chiaramente della sua morte. Il cuore di chi l’ascolta si riempie di tristezza perché già sentono il peso della distanza e avvertono il vuoto che la sua morte crea dentro di loro. Davanti alla prospettiva della morte di una persona cara o anche della propria è tipicamente umano concentrarsi sul dolore della perdita piuttosto che considerare l’altro aspetto della morte, quello rivolto verso l’incontro con il Tu di Dio. 

Se il nostro orizzonte rimane puramente terreno e i confini della nostra speranza coincidono con il godimento dei beni affettivi o materiali di questa terra, non saremo mai capaci di cogliere l’oltre e l’Altro che la morte ci indica. La morte di Gesù ha fatto della nostra una porta di accesso al Padre. L’atteggiamento controllista non permette alla persona di crescere, perché il rapporto non è basato sulla fiducia, che mira a promuovere in sé e nell’altro un graduale senso di responsabilità e una retta coscienza, ma è fondato sulla paura di perdere ciò che si ritiene proprietà personale. Si confonde la cura con il controllo e l’attenzione con il possesso. Senza la fiducia non è possibile vivere l’ultimo passo, quello decisivo, del processo generativo: il lasciar andare. Per alcuni l’attaccamento all’altra persona può diventare patologico ed esprimersi nella follia di non poter vivere senza l’altro, o meglio, senza l’oggetto posseduto. Non di rado si assiste al dramma dell’amore possessivo che arriva ad uccidere nel momento in cui l’altro fugge dal controllo. Non dobbiamo tacere quelle forme di attaccamento, soprattutto materno, nei confronti dei figli ai quali non si insegna tanto a domandarsi cosa Dio vuole, ma cosa farebbe piacere alla madre o al padre. Gesù dice agli apostoli: «nessuno di voi mi domanda: “Dove vai?”». 

Gesù ci insegna l’arte di essere genitori generativi in ogni situazione della vita, anche quando non generiamo fisicamente. Viviamo in una società che deve ritrovare il senso della genitorialità perché possa formarsi una comunità di fratelli. La comunione fraterna, la pace, è garantita a patto che ci siano figure genitoriali che educano le giovani generazioni a guardare avanti e a vedere la realtà oltre l’orizzonte del proprio interesse materiale o del piacere individuale, ovvero oltre le attese degli altri. I genitori sono amministratori di un tesoro che non è proprio e accompagnatori dei propri figli sulla strada che Dio indica a ciascuno perché possa realizzarsi pienamente come uomo o donna che ama e che genera amore. Lasciar andare significa rinunciare a far pesare la propria parola più di quella di Dio, ad anteporre la propria volontà a quella di Dio, a dare soluzioni agli altri quando, tra l’altro, abbiamo problemi insoluti noi stessi. 

Lasciare andare significa aprirsi con fiducia all’azione dello Spirito che agisce in tutti, perché Gesù è morto per tutti e a tutti dona la salvezza, cattivi e buoni. Questa operazione, come quella del travaglio del parto, non è indolore, ma è per la vita. Senza il lasciar andare si muore prima di morire e non si permette all’altro di vivere. Ognuno di noi ha la sua strada da percorrere, la sua vocazione da realizzare, ma tutte le strade portano a Dio. Interferire nella libertà che Dio ha dato a ciascuno di scoprire la propria vocazione e percorre la sua strada verso il Padre è la vera colpa del mondo che lo Spirito Santo denuncia. Non siamo figli di questo mondo che vorrebbe controllare tutto, ma siamo figli di Dio. Come tali siamo veramente liberi quando scopriamo che l’unico fine della vita è andare incontro al Padre e strada facendo già lo incontriamo facendoci prossimi ad ogni fratello e prendendoci cura di lui.

Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!


Commento a cura di don Pasquale Giordano
FonteMater Ecclesiae Bernalda
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