don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 19 Aprile 2020

Tommaso, esperto della misericordia di Dio

II DOMENICA DI PASQUA o della Divina Misericordia (ANNO A)

Durante il discorso d’addio tenuto nel cenacolo, Gesù parla della sua vita come di un cammino verso il Padre nella cui casa ci sono molte dimore. La sua passione è la preparazione di un posto nella casa del Padre per tutti coloro che credono in Lui. Agli apostoli spiega che ci sarà un tempo in cui avvertiranno la sua assenza, ma non devono temere perché egli ritornerà per condurli verso la casa del Padre. Tommaso interviene marcando la distanza dei discepoli dal Maestro e la loro incomprensione circa la direzione e il fine a cui tende la vita di Gesù: «Signore, non sappiamo dove vai, come possiamo conoscere la via?» (Gv 14,5).

Egli era lo stesso discepolo che, davanti al pericolo di tornare in Giudea in occasione della morte di Lazzaro, aveva detto: «Andiamo anche noi a morire insieme a lui!». Gesù replica a Tommaso: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Gv 14,6). Gesù, con la sua passione e morte, ha aperto la «via nuova e vivente» (Eb 10,20) che non approda alla morte ma al Santuario del cielo. Risorto, egli ritorna a prenderci con sé e guidarci verso la casa del Padre. Questo è il messaggio di speranza che il Risorto affida a Maria Maddalena perché lo annunci ai Suoi discepoli che chiama «fratelli»: «Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro» (Gv 20,17). La Maddalena è la prima testimone ed è anche la prima apostola del Risorto. L’annuncio della donna è la prima predica della Chiesa che ha come fine quello di riunire i discepoli che la prova della passione aveva dispersi. 

L’evangelista Giovanni ci tiene a sottolineare che il giorno della risurrezione, quello della scoperta della tomba vuota e quello delle apparizioni del Risorto avvengono nel primo giorno della settimana. Gesù inaugura una nuova creazione. La narrazione passa dal sepolcro aperto, senza il corpo di Gesù, al luogo dalle porte chiuse dove si erano riuniti i discepoli. Le porte sprangate rivelano la paura che attanaglia il cuore di quegli uomini che comunque, vincendo le resistenze, si riuniscono insieme. In questo contesto avviene la visita di Gesù, crocifisso e risorto. Lo stare in mezzo vuole indicare che Gesù riprende il suo posto di guida della sua comunità. I segni della passione rivelano la identità tra il crocifisso e il vivente che è davanti ai discepoli. Si tratta di una presenza nella comunità, in continuità con quella di prima ma in una forma diversa, non più soggetta ai condizionamenti dello spazio e del tempo. Gesù alita suoi discepoli come Dio aveva alitato su Adamo facendolo diventare essere vivente. Il dono dello Spirito rende i discepoli apostoli della misericordia di Dio. Come Gesù è consacrato e inviato dal Padre per salvare l’uomo, così Gesù, condivide questa missione con gli apostoli. Quel primo giorno della settimana caratterizzato dalla novità della risurrezione e dall’annuncio del vangelo da parte della Maddalena, inaugura una via e una vita nuova per i discepoli. Lo Spirito Santo ha vivificato Gesù e lo rende presente e centro della sua comunità. Essa è chiamata a non rimanere chiusa e ripiegata su sé stessa, vittima delle sue paure, ma ad aprirsi al mondo attraverso il quale Gesù ha aperto la via verso il Padre, meta finale del cammino di ogni uomo. Il perdono che gli apostoli offrono al mondo è la novità la misericordia di Dio che fa nuove tutte le cose perché ha vinto il potere della morte, ha spezzato i vincoli del peccato e ha aperto la via nuova della riconciliazione e della pace. 

La via della risurrezione è la via della missione che ci fa raggiungere i distanti, anche se sono prossimi a noi perché membri della stessa comunità. Il primo ad essere evangelizzato dagli apostoli è Tommaso, il loro compagno, che era assente perché non aveva creduto al messaggio della Maddalena; scettico all’annuncio della donna rimane dubbioso anche davanti a quello dei suoi compagni. L’assenza di Tommaso racconta la sua distanza affettiva dal resto della comunità verso cui rimane scettico. Lui che aveva convito gli altri ad andare a morire con Gesù, ora si ritrova lontano dalla comunità, deluso e timoroso come lo erano anche gli altri. La chiesa, ancora oggi, non si presenta al mondo per rimproverarlo ma per annunciare che quel Dio che si crede morto o distante o addirittura assente, invece è vivo e presente. Perché la predicazione sia credibile e possa richiamare i fratelli nella comunità bisogna considerare che a volte il motivo del pregiudizio e della lontananza della gente risiede nell’assenza dei discepoli di Cristo dai luoghi nei quali gli uomini soffrono. Il dolore, la rabbia, lo smarrimento, la delusione, gli interrogativi che le prove della vita suscitano non vanno giudicati ma ascoltati. Nell’apostolo Tommaso, immagine dell’uomo la cui fiducia nella vita è messa in discussione dalla sofferenza, c’è il desiderio di credere perché ha bisogno di vedere la luce della speranza che lo tiri fuori dalle tenebre dello scoraggiamento. 

Tommaso non chiede ragionamenti convincenti e dimostrazioni teoriche ma un’esperienza concreta, palpabile dell’amore di Dio. Così la verità che ricerca il cuore dell’uomo non è un’idea astratta, un concetto filosofico, ma è una persona reale. Gesù è la risposta alla sete di verità di Tommaso. I segni della passione mostrati all’apostolo, che nel frattempo era ritornato nella comunità, gli fanno conoscere la verità. Dio non si è allontanato dai suoi anche se non l’hanno più visto. Dio non ha abbandonato il suo popolo, non ha voltato le spalle alla sua chiesa, ma al contrario l’ha amata unendosi a lei nel momento in cui ha donato sé stesso sulla croce. L’amore di Dio è vero perché rimane per sempre. Come la verità è ciò che non muta, così l’amore di Dio per l’uomo non cambia. Esso è quell’eredità non si corrompe e non marcisce ed è conservata nei cieli per noi (1 Pt 1,4). Quel corpo, segnato dalle ferite dei chiodi e della lancia, è la via che congiunge il prima e il dopo la Pasqua di Gesù, la vita mortale e la vita eterna, l’essere nel dubbio e il dimorare nella verità. Gesù, il crocifisso risorto, è il ponte tra l’uomo e Dio steso sull’abisso del peccato e della morte. Incontrare Gesù, il Signore, significa accogliere il perdono, attraverso la mediazione del suo corpo che è la Chiesa, e passare insieme con Lui dalla morte alla vita nuova.

I discepoli gioiscono al vedere il Signore, Tommaso fa la sua professione di fede riconoscendo in Gesù il volto del Padre, di suo Padre, il Padre di Gesù e Padre suo: «Mio Signore e mio Dio». Tommaso è la figura esemplare del credente che riconosce nei segni della passione permanentemente presenti nel corpo di Gesù i segnali indicatori della via e della vita nuova, quella dei figli che si riconciliano col Padre. Questa è anche la via della riconciliazione con i fratelli ai quali si deve offrire il perdono di Dio, frutto della passione di Cristo. 

Si inizia a credere, e a credere con gioia, quando si riconosce che Dio è venuto a cercarmi nel mio dolore e a salvarmi dalla mia rassegnazione. Tuttavia, credere non significa solo sapere che Dio mi ama, ma lascarmi trasformare interiormente affinché possa amarlo nei miei fratelli. Gesù dona lo Spirito e spalanca le porte dei cenacoli sprangati perché la Chiesa, segno sacramentale del corpo di Cristo, sia solidale con l’uomo nella sofferenza e, attraverso di essa, lo accompagni sulla via della vita nuova. Amare Gesù e credere in Lui, senza vederlo, oggi significa essere esperti di misericordia. Essa è la verità che i dubbiosi cercano, è la cura che i malati sperano, è la ricchezza che i poveri richiedono, è il nutrimento che sazia gli affamati, è il conforto agli sfiduciati, è la sicurezza ai derelitti, è la vita ai morti.

Auguro a tutti una serena domenica e vi benedico di cuore! 


Commento a cura di don Pasquale Giordano
FonteMater Ecclesiae Bernalda
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