don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 16 Luglio 2020

Gesù ci insegna a lottare per vivere non a vivere lottando contro qualcuno

Giovedì della XV settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

Gesù, dopo aver benedetto Dio che si rivela ai piccoli e non ai dotti e sapienti di questo mondo, si rivolge agli stanchi e agli oppressi. Essi sono coloro, che come lui, sperimentano la fatica nell’amare gli uomini, del credere rimanendo fedeli a Dio e del perseverare nella speranza. Amare è un lavoro faticoso come lo è fare il cammino di ricerca per conoscere e aderire alla volontà di Dio, soprattutto quando s’incontrano forti resistenze a partire dalla famiglia e dalla comunità in cui si vive. Lo stress dovuto alle incomprensioni, alla gestione dei contrasti, alla lotta per parare i colpi di chi offende o di chi pretende qualcosa, pesa sul cuore che senza un supporto valido cede inesorabilmente. Ogni uomo, sin dal momento in cui nasce, impara che per vivere deve lottare, ma crescendo sceglie se lottare per un fine o lottare contro qualcuno. Chi ci sta attorno non sempre ci insegna e ci aiuta a lottare per vivere, ma spesso ci viene inculcato sin da piccoli, soprattutto con i cattivi esempi, che per vivere bisogna lottare contro qualcuno. La scelta di lottare per vivere o vivere per lottare s’impone davanti ai nemici. Essi sono quelli che con il loro atteggiamento ci danneggiano oppure sono ex amici perché non più alleati ma avversari.

Il discepolo di Cristo, come tutti gli uomini, soffre sulla propria pelle il dramma delle lacerazioni nelle famiglie, dei conflitti tra i membri di un gruppo, dei dissidi tra i componenti di una comunità o di un’associazione. Tutto ciò provoca stress che incide sulla tenuta psicofisica e spirituale del credente tentato dalla sfiducia e indotto a usare gli stessi mezzi dei nemici. La lotta contro gli altri uomini si rivela causa di altra oppressione e stanchezza.

Gesù, mite e umile di cuore, propone di unirsi a lui nella lotta, ma non contro qualcuno, ma per la vita. Egli è sì venuto a portare la spada, ma essa è quella della Parola di Dio. È la spada della benedizione e non della maledizione, del perdono e non dell’offesa, della riconciliazione e non dell’ottenimento della soddisfazione personale. Gesù, piccolo tra i piccoli, comprende e testimonia che solo stando unito al Padre si può amare fino alla fine e nonostante tutto e amando vivere la pace del cuore. Gesù, invitando a prendere il suo giogo, propone di condividere con lui l’intimità che lo unisce al Padre e così portare a compimento il lavoro faticoso dell’amore.

Con la mitezza e l’umiltà, che attingiamo al cuore di Cristo, possiamo realizzare la profezia di Isaia: «Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra. Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore» (Is 2, 4-5). 


Commento a cura di don Pasquale Giordano
FonteMater Ecclesiae Bernalda
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