don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 13 Luglio 2020

Dall’unione alla comunione

Lunedì della XV settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

Di primo acchito le parole di Gesù possono scandalizzare. La pace è il dono di Dio per eccellenza, è la pienezza di ogni dono. Il saluto che i missionari devo portare entrando in una casa è appunto la pace. Se Gesù, come aspettavano i popoli, sulla terra non porta la pace, chi la porterà? La pace è sì un dono di Dio, ma che richiede di essere accolta e diffusa dagli uomini. In altri termini, la pace è dono di Dio ma sulla terra è responsabilità degli uomini. 

C’è una pace che chiameremmo terrena, quella che i governanti della terra impongono con la forza, che essenzialmente consiste nel mettere insieme, nell’accumulare per se, e quella celeste, che viene da Dio, che è comunione. La pace terrena a cui allude Gesù è quella forma di fusione che è unione senza comunione. La pace della terra è quella della morte che tutti livella e omologa, la pace di Dio è comunione che non elimina le differenze ma le valorizza. La pace-comunione si realizza quando ciascuno si mette a servizio delle differenze che caratterizzano la personalità dei singoli. La spada che Gesù viene a portare è una metafora per dire la necessità di separare, di marcare le differenze per distinguere le mie attese, il mio bisogno, il mio punto di vista e quello degli altri, soprattutto di coloro che conosco perché sono membri della mia stessa famiglia. La distinzione non è finalizzata alla contrapposizione ma a compiere quel viaggio fondamentale in ogni relazione di amore che fa uscire dal proprio io per andare incontro all’altro. Spesso accade che proiettiamo ed estendiamo sugli altri i nostri stati d’animo, i bisogni, le aspirazioni credendo che anche gli altri abbiano le stesse priorità, che debbano condividere il proprio punto di vista, che debbano comprendere al volo le nostre esigenze. La spada viene ad interrompere questo modo di relazionarsi con gli altri che genera conflittualità insanabili. 

In un primo momento il mettere in luce le differenze è doloroso come il recidere il cordone ombelicale, ma diventa necessario perché l’amore che si vive sia messo a servizio della promozione e della libertà di coloro che amiamo.

La spada non è un’arma contro gli altri ma è uno strumento che ciascuno è chiamato ad usare per se stesso che il suo amore non degeneri in una forma di possesso e di controllo ma che porti al mondo la pace vera, la comunione, sinfonia delle differenze.


Commento a cura di don Pasquale Giordano
FonteMater Ecclesiae Bernalda
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