don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 12 Maggio 2020

Gesù lascia la sua pace che “non lascia in pace”

Martedì della V settimana di Pasqua

Come ogni testamento che si rispetti anche quello che Gesù offre ai suoi contiene un lascito. Non di rado capita che tra gli eredi si consumino lotte a suon di carte bollate e procedimenti giudiziari. Gli uomini al momento della loro morte lasciano quei beni materiali che hanno accumulato e che non possono certamente portare con sé. Non è a questo tipo di eredità che si riferisce Gesù parlando ai Dodici. Essi riceveranno non beni terreni, ma la pace che è la pienezza dei beni. Shalom è il termine ebraico che Gesù ha utilizzato e che nel linguaggio biblico non indica solamente l’assenza di guerra, ma la pienezza del bene che il cuore dell’uomo desidera. La pace che dà Gesù è la benedizione più grande che l’uomo possa ricevere da Dio. San Paolo, rivolgendosi alla comunità cristiana di Efeso di origine pagana (Ef 2) i cui membri erano considerati i «lontani» rispetto ai «vicini» ebrei, ricorda che Gesù è morto ed è risorto anche per salvare loro. La salvezza non viene dalla legge di Mosè ma è un dono gratuito di Dio, cioè non è il premio dovuto per le opere che l’uomo compie. La salvezza consiste nel dono di una vita nuova rispetto al quella vissuta alla maniera del mondo «seguendo le voglie della carne e dei pensieri cattivi» (v.3). Questa è l’opera di Dio, ricco di misericordia, che per il grande amore con il quale ci ha amato, da meritevoli di condanna a causa delle colpe ci ha «adottato» come suoi figli: «Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone» (v. 10). La pace che Gesù ci lascia non cambia le nostre condizioni economiche o sociali, ma il cuore. Gesù è la nostra pace perché grazie a Lui i «lontani», a causa del peccato e del modo di vivere alla maniera del mondo, sono diventati i «vicini». La pace che dona Gesù è la misericordia che ci trasforma nel cuore in modo da non pensare e agire come prima, secondo la logica di Satana che divide, allontana, contrappone, ma secondo il sentimento di Dio Padre.  

La sofferenza e la morte sono usate dal principe del mondo per sottomettere gli uomini con la paura e renderli nemici di Dio e tra loro. Mentre Il Signore Gesù vive la sua passione come un atto di amore e di obbedienza al Padre perché la vita che li unisce possa essere condivisa in un unico abbraccio con tutti gli uomini. Se lo spirito del mondo inquina le relazioni con l’inimicizia, lo Spirito di Dio riconcilia tutti con il Padre, sicché «per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito. Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio» (vv. 18-19). 

La pace, quale dono e fine della nostra vita, non è un bene da godere egoisticamente, ma è la possibilità e la capacità, dataci da Dio, di amarlo e di fare il bene per costruire insieme con gli altri la chiesa, comunità dei fratelli e tempio di Dio. Gesù è venuto per lasciarci la sua pace non per “lasciarci in pace” oppure “lasciarci stare” … sulle posizioni in cui siamo abituati a rimanere. Se lo amiamo veramente diventiamo creature nuove, operatori di giustizia, vigili sentinelle di speranza e creativi costruttori di pace.

Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!   


Commento a cura di don Pasquale Giordano
FonteMater Ecclesiae Bernalda
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