don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 1 Novembre 2020

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L’Uno per tutti e tutti per l’Uno

TUTTI I SANTI

Dio promette ad Abramo una discendenza numerosa come la sabbia del mare e come le stelle del cielo. I figli di Abramo non sono coloro che nascono da lui ma coloro che rinascono come lui per diventare figli di Dio. La moltitudine di donne e uomini descritta nella visione del Libro dell’Apocalisse è la discendenza che Dio aveva promesso ad Abramo. Tale promessa è espressa nell’esortazione che Dio rivolge a tutti: «Siate santi come Io, il Signor Dio vostro, sono Santo». Essere santi significa ricevere il sigillo del Dio vivente. È il nome di Dio, segno dell’appartenenza a Lui, firma apposta col Suo sangue sul documento di alleanza. La veste bianca, la stessa di Gesù che splende nella trasfigurazione e quella di cui sono rivestiti gli angeli nella tomba vuota la domenica di Pasqua, indica la condizione di vivi perchè risorti. I santi, come Gesù, sono coloro che hanno attraversato la grande tribolazione facendo della sofferenza fino alla morte l’offerta della propria vita. 

La santità la percepisci quando, toccato da gesti concreti di carità, si è avvolti nella melodia armoniosa celeste come quella che coinvolge Giovanni nella visione. La salvezza cantata dai santi è il desiderio di Dio di farci tutti suoi figli e vederci tutti felici.

Chi sono, Signore, e da dove vengono? A questa domanda sembra rispondere Gesù: sono i poveri in spirito, gli affamati e assetati di giustizia, coloro che sono in lutto, i miti, i misericordiosi, i puri di cuore, gli operatori di pace e i perseguitati nel nome di Dio. Tutti questi sono chiamati beati, felici, con buona pace di chi invece assegna loro l’etichetta di falliti. E sono dichiarati tali da quelli che ricercano e si affannano a raggiunge solo il proprio bene, che confondono la felicità col piacere di possedere. 

Gesù chiede di avere fiducia in lui cambiando punto di vista e di cercare la felicità non al di fuori di quello che siamo, ma nella condizione umana che viviamo. Qui scopriamo che la felicità non è un premio nella vita celeste al termine di quella terrestre, ma che essa nasce dall’incontro che Dio oggi chiede di fare con me. 

La grande tribolazione è l’essere insultati, perseguitati e calunniati mentre si collabora con Dio nel fare giustizia. La giustizia è mettere in ordine le cose secondo il progetto di Dio. C’è un nesso tra la giustizia e la purificazione. Se l’uomo permette a Dio di purificare il nostro cuore allora saremo capaci ci collaborare con Lui a purificare il mondo, a renderlo così come Egli lo ha sognato, in poche parole lo aiuteremo a fare giustizia. 

La purificazione avviene in un primo momento per sottrazione. Il povero è colui che, venendo insultato, perseguitato o calunniato, piange per un lutto come quello di una vedova o un di un orfano che si ritrovano senza sicurezze umane sulle quali appoggiarsi oppure è privato dei propri diritti come lo è l’affamato e l’assetato di giustizia. Ma felicità non consiste nel vivere la sofferenza, men che meno nel cercarla, bensì nel fare di essa l’occasione per lasciarsi consolare e nutrire da Dio. Saremmo veramente dei falliti se subissimo solamente la povertà, in tutte le sue forme, e non facessimo di ciò che ci manca l’occasione per incontrare il Signore e unirci a Lui. Lavare le vesti nel sangue dell’Agnello significa tingerle con lo stesso colore della passione di Cristo. Non dobbiamo aver paura del vuoto perché Dio lo colma col suo amore. Quella carne ferita diventa terra fecondata dal seme dello Spirito.

Dunque, santo è il papà e la mamma a cui è stato ucciso un figlio o che un incidente oppure una malattia glielo hanno portato via e non meditano vendetta, non covano risentimento, non trattengono la rabbia, ma animati dalla speranza diventano profeti di pace. Santo è quella lavoratrice e quel lavoratore che, sfruttato e scartato, non si arrende alla disperazione, ma cerca, si reinventa, si mette a disposizione in tutto quello che c’è da fare per il bene di tutti, non solo suo e della propria famiglia. Santo è colui che quando è accusato non reagisce con violenza ma ascolta e discerne ciò che di quella critica è vera, e che indica quello su cui deve impegnarsi per convertirsi, e ciò che deve lasciar andare e non preoccuparsi. Santo è l’uomo e la donna che quando vengono scavalcati da altri non cedono alla logica della competizione ma rimangono nella convinzione che la felicità risiede nel fare bene il bene possibile e fare meglio il bene già fatto. La santità non è la perfezione morale ma è l’esperienza di essere amati nella nostra imperfezione affinché possiamo contribuire all’opera di Dio per rendere più bello il mondo in cui viviamo, guarirlo dalle ferite del male che lo rende brutto e invivibile.

Se qualcuno infanga il tuo nome tu sporcati le mani per servirlo, se l’amico ti volta le spalle tu mostragli il sorriso più bello, se l’opera alla quale hai dedicato la vita viene sfregiata, tu riparala perché sia ancora più bella, se qualcuno è preferito a te lodane le qualità, se il tuo fratello ti corregge ringrazialo, se ti mette alla prova tu offrigli le ragioni della speranza … e sarai felice. La felicità la trovi se cerchi il prossimo, la possiedi se la doni agli altri.

Auguro a tutti una serena domenica e buona festa di tutti i Santi!


Commento a cura di don Pasquale Giordano
FonteMater Ecclesiae Bernalda
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]