don Luigi Maria Epicoco – Commento al Vangelo del 2 Aprile 2019 – Gv 5, 1-16

C’è una condizione affinché i miracoli accadano, e accadano soprattutto con un senso: la fede. Essa è la condizione di ogni miracolo. Gesù molto spesso domanda la fede alla gente che gli chiede di essere aiutata in qualcuna delle fatiche della vita, dove non è più possibile nulla. Ma per quanto cerchiamo di capire come funziona un miracolo, dobbiamo stare molto attenti a non credere che sia frutto di una qualche tecnica.

È un mistero che si spiega solo con l’accoglienza. Nel vangelo di oggi c’è un papà disperato. Il figlio sta morendo, e cerca disperatamente Gesù perché lo salvi in extremis: <<Si recò da lui e lo pregò di scendere a guarire suo figlio poiché stava per morire. Gesù gli disse: “Se non vedete segni e prodigi, voi non credete”. Ma il funzionario del re insistette: “Signore, scendi prima che il mio bambino muoia’). Gesù gli risponde: “Va’, tuo figlio vive’). Quell’uomo credette alla parola che gli aveva detto Gesù e si mise in cammino>>.

La scena è molto semplice ma allo stesso tempo molto significativa. Un uomo cerca Gesù e gli domanda un miracolo. Gesù risponde a quest’uomo dicendo che c’è troppa dipendenza dei segni. Quell’uomo insiste, quasi a voler dire che non cerca un segno, ma solo che suo figlio si salvi. Gesù gli dice di tornare a casa perché il figlio è guarito. Quest’uomo senza nessuna rassicurazione esterna, senza nessun segno esteriore, si fida di Gesù e se ne torna a casa. Ma proprio mentre sta tornando «gli vennero incontro i servi a dirgli: “Tuo figlio vive! ” S’informò poi a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: “Ieri, un’ora dopo mezzogiorno la febbre lo ha lasciato”.

Il padre riconobbe che proprio in quell’ora Gesù gli aveva detto: “Tuo figlio vive” e credette lui con tutta la sua famiglia». Aveva cercato Gesù per disperazione, e ora si ritrova con la fede. Che bella questa pagina del Vangelo, ci dice che possiamo pregare Gesù anche quando pensiamo di non avere fede e siamo solo disperati. Forse alla fine di quella preghiera ci ritroveremo credenti e non semplicemente esauditi.

Altro commento

“Si trovava là un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù vedendolo disteso e, sapendo che da molto tempo stava così, gli disse: «Vuoi guarire?»”. Basterebbe questo versetto per sottolineare tutta la bellezza del Vangelo di oggi. E’ Gesù che si accorge di quest’uomo. È Lui che fa la strada fino alla sua barella. È Lui che parla per primo e domanda qualcosa. È Gesù che prega per primo: “Vuoi guarire?”.

Non dovremmo mai dimenticare questa dinamica. Molto spesso è Dio a pregare noi. È Lui che ci rivolge per primo una parola. È Lui che ci domanda se vogliamo essere felici. E lo fa molto spesso riaccendendo dentro noi stessi il “desiderio”. Gesù va a turbare la pacifica infelicità di quell’uomo malato. Lo mette in crisi mettendo il dito nella sua sofferenza più vera: “vuoi guarire tu che sei in queste condizioni da trentotto anni?”. “Gli rispose il malato: «Signore, io non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, qualche altro scende prima di me»”.

Che tradotto significa: “pensi che non c’abbia provato? Ma ogni volta il tentativo è stato fallimentare. Nessuno mi ha veramente aiutato ad essere felice”. È qui che Gesù cambia subito il registro. Non fa più domande, ma comanda: “Gesù gli disse: «Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina». E sull’istante quell’uomo guarì e, preso il suo lettuccio, cominciò a camminare”. In certe situazioni della vita solo l’obbedienza può salvarci, e cioè solo ascoltare senza più grandi fronzoli. Una persona impantanata, ferma, a un certo punto o comincia a fidarsi di Chi può tirarlo fuori oppure i suoi ragionamenti la terranno ancora lì in quel fango.

Per questo spesso quando mi trovo in situazioni simili, consegno ciò che sto vivendo a qualcuno il cui bene e la lealtà di vita ho sperimentato in diverse occasioni. A volte è il mio confessore, altre volte qualche amico vero. L’obbedienza alla loro parola mi tira fuori. Quando tu non puoi fare più nulla, puoi sempre fidarti di Qualcuno a cui stai a cuore, e ascoltarlo.

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Vangelo del giorno

Gv 5, 1-16
Dal Vangelo secondo Giovanni

Ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici.
Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: «Vuoi guarire?». Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me». Gesù gli disse: «Àlzati, prendi la tua barella e cammina». E all’istante quell’uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare.
Quel giorno però era un sabato. Dissero dunque i Giudei all’uomo che era stato guarito: «È sabato e non ti è lecito portare la tua barella». Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: “Prendi la tua barella e cammina”». Gli domandarono allora: «Chi è l’uomo che ti ha detto: “Prendi e cammina”?». Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato perché vi era folla in quel luogo.
Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio». Quell’uomo se ne andò e riferì ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. Per questo i Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva tali cose di sabato.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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