Don Luciano Labanca – Commento al Vangelo del 10 Aprile 2020

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Per introdurci nella riflessione di questo Venerdi’ della Passione del Signore, ci vengono in aiuto le parole dell’Apostolo Paolo: «Mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio. Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini» (1 Cor 1,22-25).

Che cos’è una celebrazione della Passione, il racconto di una morte e di una croce, se non una stoltezza, una follia? Chi cerca Dio, chi vuole crescere nella fede, chi deve prendere una decisione, spesso proprio come i Giudei, chiede un segno, vuole avere un’esperienza straordinaria. Altri, invece, con la loro cultura e scienza, proprio come i Greci, vorrebbero scoprire il Signore con la forza del ragionamento, vorrebbero spiegarsi tutto con la loro scienza. Il tesoro della Chiesa, di quel “noi”, per cui si intende la Sposa di Gesù, la sua comunità, è un altro, è Cristo, e Cristo Crocifisso! È questo il cuore dell’annuncio cristiano, un Dio che per il suo infinito amore verso di noi, mentre eravamo ancora peccatori, ha dato la sua vita per noi. È Lui, che dalla Croce, come ci ha raccontato Giovanni, ha detto «Ho sete», voglio te, la tua salvezza, il tuo amore! Questo annuncio, però, non è compreso da tutti e in questi tutti possiamo esserci anche noi. Quante volte anche noi desidereremmo un Cristo che scende dalla Croce, un Cristo spettacolare, un Cristo che ci stupisce con effetti speciali!

Come per i Giudei, a volte, anche per noi la Croce può diventare scandalo (skàndalon), pietra di inciampo, impedimento a comprendere. Mi viene da pensare a tutte le persone, cui va il nostro rispetto e vicinanza, che, specialmente in queste settimane di prova per tutta l’umanità, sono toccate in prima persona dal dramma della sofferenza, o vedono i loro parenti e conoscenti colpiti, scandalizzandosi e perdendo la fede! Come per i pagani, anche per noi, la Croce può divenire stoltezza, follia, quando di fronte alle difficoltà, alle prove, perdiamo la luce dell’intelletto, perdiamo la lucidità, e con essa anche la fede. L’effetto della visione dei Giudei e dei Pagani è lo stesso: non riconoscere nella Croce, l’Amore di Dio, non riconoscere nei tratti di colui che “non ha apparenza, né bellezza”, “il più bello tra i figli dell’uomo”. San Paolo, però, ci offre un’altra sottolineatura: per i chiamati, sia giudei, sia greci, ossia tutti coloro che accolgono questo annuncio, Cristo è Potenza di Dio e Sapienza di Dio!

La fede, la luce che viene dallo Spirito e che tutti noi abbiamo ricevuto nel Battesimo, sebbene non sia mai qualcosa di scontato, ci aiuta a riconoscere nel Crocifisso ciò che è più sapiente degli uomini, e in ciò che sembra debolezza, la sua potenza! Come stride questo messaggio della Croce con il nostro modo di pensare. Se non siamo appariscenti, se non abbiamo una visibilità, se non siamo stimati, se non possediamo, ci consideriamo e siamo considerati un nulla! Cristo, però, che si è fatto – come ci ricorda Isaia – «disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima» (Is 53,3) – su quella Croce ha manifestato e manifesta tutta la sua potenza e bellezza. Una potenza umile, discreta, che non si impone, ma si propone alle nostre menti ribelli e una bellezza nascosta, che non corrisponde ai canoni estetici del mondo, ma a quelli spirituali dell’Amore che si dona fino alla fine. Di cosa abbiamo bisogno oggi, qui, davanti al volto umiliato, schernito e sputato di Gesù?

Cosa può darci questa Croce, così tetra? Uno strumento di dolore e di morte? Ci aiuta l’autore della Lettera agli Ebrei: «Accostiamoci, dunque, con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno» (Eb 4,16). Solo nella morte di Gesù, nell’offerta della sua vita per poi riprenderla di nuovo con la Pasqua, noi possiamo riscoprire la bellezza della vita. Anche se i nostri peccati fossero come scarlatto, rossi come sangue, in Lui ritroveremo la vita. La nostra vita vale il Suo Sangue! La fiducia che chiediamo al Signore in questo Venerdi Santo, adorando la sua Santa Croce, ci aiuterà ad accogliere il suo perdono, che è grazia e misericordia e così saremo aiutati nel tempo opportuno, cioè nell’ora della prova, quando avremo bisogno di riscoprire la potenza e la bellezza del Cristo, nella stoltezza e debolezza della sofferenza e della morte.

Questo percorso, però, non è scontato, è una lotta, un cammino. Il momento della sofferenza, della Passione, è una prova dura. Anche i migliori possono venir meno. Guardiamo all’esperienza di Pietro: «E la giovane portinaia disse a Pietro: “Non sei anche tu uno dei discepoli di quest’uomo?”. Egli rispose: “Non lo sono”» (Gv 18,17). Anche ad una seconda e poi ad una terza domanda, Pietro nega: “non lo conosco!”. Colui che aveva ricevuto da Gesù la responsabilità più alta, lo rinnega, non lo riconosce, ha paura. Anche a noi, può capitare! C’è il serio rischio di sbagliare strada. La Parola di Dio ci mette in guardia, ma nonostante questa tensione di cui dobbiamo sentirci carichi, c’è una certezza: Gesù ha donato la sua vita una volta per tutte e conosce la nostra debolezza. Non ci lascia soli, né orfani. Se i discepoli e lo stesso Pietro fuggono via, le donne e l’altro discepolo, quello amato «stavano presso la croce di Gesù» (Gv 19, 25). Nella comunità e nella vera fraternità, quella che nasce sotto la Croce, cioè in quel “noi” di cui ci parlava Paolo all’inizio, noi troviamo la strada della nostra salvezza.

Sant’Ambrogio ci aiuta a comprendere il senso della Passione e Morte di Gesù, riferendosi alla creazione di Eva dalla costola di Adamo dormiente, dicendo che come Eva fu tratta dal costato di Adamo dormiente, così dal Cristo morto sulla Croce, è nata la Nuova Eva, la Chiesa, in cui tutti noi siamo chiamati ad accogliere la grazia e la salvezza. Questa è una certezza ed una grande consolazione: non siamo soli sotto la Croce, ma nella Chiesa e con la Chiesa, possiamo accogliere nella nostra vita tutti i tesori della salvezza e della grazia, in quel “noi” che ci rende tutti compagni di cammino verso la patria, che Cristo ci ha preparato con il dono di sè.


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