don Cristiano Mauri – Commento al Vangelo del 8 Settembre 2020

 Lasciare andare

Il commento al Vangelo del giorno di don Cristiano Mauri.

Note per la comprensione del brano.

Matteo apre il brano esponendo il quadro della situazione in cui ci si trova. Il tema è dunque immediatamente chiaro (il concepimento divino) e chi legge si aspetta che l’episodio verta tutto attorno agli esiti e alle conseguenze che una simile circostanza porterà per Maria e per Giuseppe.

I due sono fidanzati, dunque giuridicamente impegnati. Un fidanzamento può essere sciolto solo con una lettera ufficiale di ripudio. La promessa sposa abita ancora nella casa dei genitori, non ha alcun contatto intimo con il futuro marito e attende il trasferimento, successivo alle nozze, nella futura casa.

Giuseppe decide di “congedare” Maria, con un’espressione che ha il significato tanto dello sciogliere definitivamente il legame, quanto quello dell’allontanare drasticamente ( ἀπολύω = mandare via, lasciare andare, divorziare) e il significato del suo gesto è stato oggetto di ampie discussioni.

In cosa consiste la giustizia di Giuseppe? In Matteo il «giusto» intende profondamente – cioè comprende, cerca, vuole, compie – la volontà di Dio. I «giusti» sono coloro che vivono secondo la Legge di Dio ma alla luce del comandamento dell’amore, che ne è la piena realizzazione.

Il congedo di Giuseppe va letto a partire da questa prospettiva. Nella sua indulgenza e clemenza decide di non esporre Maria all’infamia del processo.

L’intervento di Dio prende la forma tipicamente biblica del sogno che va dunque considerato qui alla stregua di un’apparizione (da notare che non serve un “interprete” del sogno). Dell’apparizione si racconta poco, ciò su cui Matteo vuol far concentrare lo sguardo è l’ordine dato a Giuseppe.

Quest’ultimo è chiamato figlio di Davide ed è importante che ciò venga sottolineato. Il nascituro, infatti, viene a compiere le attese di Israele che attendeva il salvatore dalla stirpe di Iesse. Ma ciò che viene a compiere non corrisponde propriamente a ciò che il popolo spera: viene per salvare dai peccati, non per campagne di liberazione politica.

La citazione profetica di compimento permette di intuire che dietro alle parole di premonizione e dietro quelle dell’angelo c’è lo stesso Dio che va conducendo la storia della salvezza.

Il Figlio avrà anche un secondo nome: egli sarà la figura con cui Dio sarà presente presso Israele e, in seguito, presso tutti i popoli. Suggestivo è il richiamo alla chiusura di Matteo: «Io sono con voi tutti giorni fino alla fine del mondo» (Mt 28, 20)

Gesù non è dunque una realtà passata, ma colui che accompagna e guida la sua comunità. Il Cristo risorto e quello terreno non sono diversi e seguire gli insegnamenti di quello terreno è il modo per lasciarsi condurre dal Risorto.

Spunti per la riflessione sul testo.

Quando il Figlio di Dio entra nel mondo apre una crisi.

Una crisi tra un uomo e una donna giusti, dalla fede limpida e dal cuore buono, colmo di amore sincero.

Il racconto di Matteo, per quanto lo si rigiri e lo rivolti, questo ci consegna: il contesto della nascita del Cristo è un legame messo radicalmente in discussione e costretto a ripensarsi.

Giuseppe è costretto a prendere le distanze da Maria per poi riavvicinarsi a lei con occhi e modi diversi. Lo stesso non può non aver fatto la sua sposa.

È un anticipo di quel che verrà e di quel che la sua parola provocherà, ma soprattutto di quel che Gesù stesso sperimenterà: ogni volta che sarà fedele al Regno che annuncerà, al Vangelo che vivrà e insegnerà, al nome – Emmanuele – che porterà, si apriranno crisi perfino con coloro che più avrà vicino e anche Lui sarà costretto a ri-considerarli.

Il suo stile di chi dona senza lasciarsi manipolare, di chi stringe a sé senza trattenere né soggiogare, di chi salvaguarda sopra ogni cosa la libertà altrui, di chi riconosce il valore dell’altro quale persona, chiunque sia, donna, uomo, bambino, malato, sano, ricco, povero, ebreo, straniero solleciterà una ristrutturazione delle relazioni in chi lo incontrerà.

L’amore che il Vangelo insegna comincia paradossalmente con un passo indietro, non per “tirarsi indietro”, ma perché l’unione vera ha bisogno della giusta distanza e della rinuncia ad ogni tendenza di possesso o manipolazione, qualunque forma assuma.

Una parola di una attualità sconcertante.

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