don Cristiano Mauri – Commento al Vangelo del 10 Febbraio 2021

Con delicatezza.

Il commento al Vangelo del giorno di don Cristiano Mauri.

I versetti che commentiamo sono la seconda parte di una lunga controversia tra Gesù e i farisei circa ciò che rende pura o impura la persona e le leggi rituali, in particolare quelle riguardanti l’alimentazione.

Nella prima parte dello scontro (1-13) domina il tema della «tradizione», di come sia stato disatteso il comando divino e di quanta incoerenza ci sia tra la fede professata con le labbra e ciò che abita il cuore.

In questa seconda parte, a dominare la scena è l’opposizione tra «ciò che è esterno» e «ciò che è interno» all’uomo, rientrando fortemente la questione del puro e dell’impuro sul «cuore», quale centro di gravità della qualità della persona.

Le regole di purità consideravano l’uomo come uno spazio da mantenere incontaminato al pari di un tempio. Tutti i possibili contaminanti stavano all’esterno, erano di carattere principalmente materiale e verso di essi occorreva attuare delle opportune strategie difensive. Gli alimenti, con ciò che si usava per prepararli e consumarli, erano potenziali pericoli.

Stando così le cose, pareva che il luogo della contaminazione fosse il ventre e quello con il cibo un contatto pericoloso.

Con una micro-parabola che, nella sua plasticità, mantiene comunque qualche tratto enigmatico, Gesù sembra smontare definitivamente la questione: la prospettiva da cui valutare ciò che puro o impuro è interna all’uomo e non esterna.

Il chiarimento dell’affermazione avviene in una casa che, nelle intenzioni del narratore, sembra andare di pari passo con i discepoli come “nuova sinagoga” in cui viene proclamato l’insegnamento di Gesù e costituita la nuova comunità. 

Nel rispondere alla domanda dei suoi, Gesù chiarisce definitivamente la questione. Il luogo in cui si decide la purità dell’uomo non è il ventre, ma il cuore. Lì dove avvengono le decisioni, si muovono i desideri, si progettano le azioni, si radica la volontà.

È lì che possono sorgere i «cattivi disegni», delle vere e proprie istanze opposte a Dio e alla sua volontà di Bene. Quando si lascia crescere nel proprio cuore il seme del male, esso diventa come una sorgente da cui sgorgano azioni inique e malvagie. Così l’uomo viene reso impuro.

La domanda circa la purità resta dunque pertinente, ma va posta nel modo corretto: non è una faccenda rituale, bensì di ordine morale.

Scribi e Farisei intendevano circondare l’uomo di barriere esterne per preservarlo, come un territorio da controllare. Un approccio alle cose passivo e difensivo, tendente a insinuare sospetto e diffidenza. Da lì nasceva una società particolarista, rigida, chiusa e diffidente.

Gesù invita a smontare di guardia dalle frontiere esterne, per sorvegliare le istanze interiori. Un approccio più attivo, meno utile al controllo sociale, responsabilizzante nei confronti della coscienza individuale.

Uno sguardo che permetterà anche di considerare con più fiducia il mondo pagano, impuro in quanto tale, liberandosi da nazionalismi ed esclusivismi soffocanti.

Spunti per la riflessione sul testo.

Ci vuole poco a darGli ragione, a dire che quel che conta è il cuore. Che a far la differenza sono le intenzioni, le volontà profonde, gli orientamenti fondamentali.

Poi entraci tu in quel guazzabuglio che ci portiamo nel petto e prova a districare la matassa.

«Bisogna fare verità», si dice spesso. Come se fosse un gioco. Separare, distinguere, chiamare per nome.

E giù a colpi di spadone a distinguere e categorizzare: bianco e nero, chiaro e scuro, buono e cattivo, santo e satanico. Con la pretesa e l’attesa di non aver mai dubbio alcuno e quella sottile arroganza che sta nel convincersi di saper facilmente far chiarezza di sé.

Confesso che c’ho creduto anche io e ho pensato spesso che queste parole di Gesù spingessero proprio in quella direzione.

Mi è capitato però, soprattutto per la preoccupazione scrupolosa di estirpare ogni radice di male, di finire col fare a pezzi il mio cuore a colpi di zappa. Lasciandolo tanto malconcio da non avere più la forza di concedersi al male, ma nemmeno al bene.

La complessità che ci portiamo dentro respinge ogni forma di grossolanità nel trattare il nostro animo. Considerare con cura, pazienza, rispetto, comprensione, prudenza, delicatezza e misericordia il nostro cuore è già «fare verità».

Anche quando la matassa resta un po’ imbrogliata. […] Continua qui…

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