don Antonio Savone – Commento al Vangelo del 6 Giugno 2022

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È molto significativo che l’ultima consegna di Gesù sulla croce sia quella della Madre: Giovanni riceve la missione di avere Maria per madre. Il suo primo compito non è quello di andare ad annunciare il vangelo, ma di diventare figlio di Maria. Per lui e per tutti i discepoli è più importante essere credente che apostolo, o meglio, si è apostoli nella misura in cui si è credenti.

Figlio, guarda: è tua madre. Figlio è un termine che indica stretta somiglianza con coloro dai quali è stato generato. Per questo Gesù dirà ai farisei: “Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo!”. Gesù stesso ha stabilito come principio di vita cristiana quello di prendere Maria come madre. Cosa può significare questo per noi?

Mi piace leggere Maria anzitutto come figura capace di stare nei cambiamenti. Quanti gliene sono stati chiesti! Prendere Maria come madre significa cogliere come stare nei passaggi. Anzitutto, mi pare, accettando di starci. Maria sceglie di stare nel passaggio. Cosa tutt’altro che scontata, sospinti come siamo a sognare qualcosa che non c’è più proprio mentre nuove situazioni incalzano.

Nei passaggi, ci direbbe Maria, è necessario scorgere ciò che è nascosto sotto le macerie che pure un’epoca di transizione può provocare.
Prendere Maria come madre significa poi riconoscere che anche la mia vita è annunciata, pensata da Dio che ci ha scelti prima della creazione del mondo. Perciò non temere, il Signore è con te. Ogni vita è annunciata e raggiunta da annunci che interpellano la mia libertà perché la Parola del Vangelo possa compiersi. La mia vita come l’unico luogo nel quale sia concesso al Vangelo di compiersi. E quando questo accade io divento dimora di Dio.

Significa, ancora, riconoscere che quella Parola mette in cammino. All’inizio, forse, un cammino alla ricerca di qualcuno da aiutare ma che poi diventa qualcuno con cui condividere il dono di cui si è gravidi. E questo secondo uno stile di attenzione premurosa e preveniente. Entrare nella casa significa entrare nei problemi. Lì si porta Cristo nella misura in cui si rimette in moto la gioia.
Prendere Maria come madre significa, inoltre, avere occhi, come lei, per tutte quelle situazioni in cui manca il vino simbolo dell’amore e perciò le relazioni sono come inceppate. Prendere Maria come madre significa assumerle, farsene carico perché non manchi il di più nella convivenza degli uomini.

Di nuovo significa accettare che il mistero di Gesù è più grande di te e che non puoi racchiuderlo nei tuoi schemi di comprensione. Quel figlio va oltre i propri modelli e crea smarrimento. Dio è diverso da come ce lo saremmo aspettati.
Ancora, significa riconoscere che proprio là dove un dolore vorrebbe invadere la tua esistenza, c’è ancora una maternità da esercitare, ci sono ancora delle vite da custodire, proteggere, far fiorire e amare.

Prendere Maria come madre significa prolungare nella propria esistenza il suo stile di vita. Anzitutto in relazione a Dio, con un atteggiamento di totale abbandono, accoglienza e fedeltà. Poi in relazione agli uomini, con un atteggiamento di scioltezza che si esprime nel canto e nel servizio che genera gioia e comunione.

Dicevamo di Maria e della categoria del cambiamento. Cosa c’è di più cambiamento di una situazione di morte, quando come madre perde il figlio unigenito ed è chiamata ad acconsentire a rileggere la sua vita non più a partire da una relazione che fino a quel momento strutturava la sua stessa identità? Sta nel cambiamento anche rispetto ad una prassi che stabiliva alla donna di andare in casa del maggiore della famiglia di origine. La sua capacità di stare nei passaggi la porterà a operare profondi cambiamenti fino alla fine, sempre sospinta dalla forza dello Spirito che a questo punto le dona di comprendere quella parola che il Figlio stesso aveva pronunciato un giorno: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?… Chi compie la volontà di Dio,  costui è mio fratello, sorella e madre».

L’ultimo mandato del Signore morente è quello di accogliere. Si accoglie ciò che viene riconosciuto come un dono. Ricevere l’ultimo mandato del Signore significa sperimentare la consapevolezza che nella vita tutto è grazia. Si accoglie per custodire, per promuovere l’altro in uno stile che dice condivisione di cammino.


AUTORE: don Antonio SavoneFONTE CANALE YOUTUBETELEGRAM